Ricordando i santi genitori della Vergine Maria – e nonni di Gesù – la Chiesa ci invita a meditare sulla miracolosa fecondità della fede.
Gioacchino ed Anna sperarono e credettero contro ogni umana speranza, affidandosi totalmente alla volontà di Dio.
Oggi la Chiesa ricorda insieme Gioacchino e Anna, i genitori di Maria Santissima. Ma nel Vangelo non appare nessuno dei due. Invano si cercherebbe notizia di loro nei Vangeli canonici. Per sapere qualche cosa dei genitori della Vergine bisogna ricorrere ai Vangeli apocrifi, cioè a quei testi che la Chiesa non considera ispirati dallo Spirito Santo.
In particolare bisogna risalire a un testo scritto apocrifo del Il secolo, il cosiddetto Protovangelo di Giacomo. In questo scritto si racconta come Anna, sposa di Gioacchino (che in ebraico vuol dire «Dio rende forti»), ormai attempata, non avesse dato prole a suo marito che, un giorno, si vede rifiutare un’offerta al Tempio di Gerusalemme in quanto privo di discendenza.
Amareggiato, Gioacchino si ritira sui monti col suo gregge per piangere in solitudine la sua disgrazia, in una sorta di autoesilio dalla tribù di Giuda, per la quale la sterilità rappresentava quasi un marchio di maledizione.
La vecchia Anna (un altro nome ebraico che significa «grazia», «la benefica), irrimediabilmente sterile, rimane sola in casa a piangere e pregare. Ma non perde la fiducia in Dio e promette al Signore di consacrargli il figlio che, se è Sua volontà, le verrà dato.
Un giorno appare un angelo, prima a Gioacchino nel deserto e poi ad Anna. L’angelo annuncia loro che ciò che impossibile agli uomini è possibile a Dio. E cioè che il grembo sterile e avvizzito di Anna avrebbe generato la più santa e dolce tra le creature: Maria, la madre del Salvatore.
Gioachino allora raduna il suo gregge e ridiscende in città come un giovane promesso sposo verso la sua Anna, che gli va incontro. I due anziani coniugi si ricongiungono davanti alla Porta Dorata, colmi di tenerezza, affetto e speranza. Un incontro immortalato nella scena dipinta da Giotto sulle pareti della cappella degli Scrovegni a Padova, dove si vede la mano della vecchia Anna, ormai consunta dall’età, accarezzare la bianca barba di Gioacchino, che appare fremente davanti al tocco tenero della moglie.
«Sant’Anna e San Gioacchino — scrive Piero Bargellini — sono così come il simbolo della vecchia umanità, dalle cui rughe fiorisce l’eterna gioventù della grazia. Sono come l’immagine della arida terra; che s’apre nella miracolosa fecondità della fede. Sono il vecchio tronco, che la speranza ricopre di verdi fronde, coi fiori della santità, che dopo Maria apriranno le loro luminose corolle al raggio della carità, di cui il Signore è immensamente ricco e largamente prodigo».
A lungo le feste dei santi genitori di Maria — e nonni di Gesù — furono separate. In seguito invece, con la riforma del calendario del 1969, la memoria liturgica li ha nuovamente riuniti.
Di certo c’è che il culto verso Anna e Gioacchino è molto antico, soprattutto tra i greci. Sant’Anna era venerata il 25 luglio dagli orientali e il 26 dai latini, mentre Gioacchino nel 1584 entrò nel calendario al 20 marzo.
O Signore, Dio dei nostri Padri, che hai donato ai Santi Gioacchino e Anna
la grazia di essere i genitori della Madre del Tuo Figlio incarnato,
donaci, attraverso le preghiere di entrambi,
di poter raggiungere la salvezza che hai promesso al Tuo popolo.
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