Come riporta il Martirologio Romano, “convertì alla fede il tiranno Graziano e infine, decapitato, ottenne la corona del martirio”.
San Saturnino da Cartagine fu martire a Roma, sulla via Salaria, durante la persecuzione di Decio nel IV secolo dopo atroci torture.
Le fonti che attestano la vita di San Saturnino da Cartagine sono poche. La maggior parte delle informazioni si traggono dalla Passio di San Marcello, suo contemporaneo.
La sua storia si colloca durante una delle tante persecuzioni di cui erano vittime i cristiani dei primi secoli. Risulta che Saturnino fosse un cristiano che era costretto a lavori molto pesanti e faticosi, come trasportare la sabbia per la costruzione delle terme di Diocleziano.
Anche papa Damaso parla di lui e racconta che Saturnino era un sacerdote giunto a Roma da Cartagine. Il Martirologio Romano riporta ulteriori dettagli sulla vita di questo Santo.
Per prima cosa ricorda il luogo della sua sepoltura. Era stato deposto nel cimitero di Trasóne sulla via Salaria nuova. Cita papa Damaso da cui si ha l’informazione che Saturnino “fu torturato sul cavalletto in patria per la sua fede in Cristo e poi mandato esule a Roma”.
La persecuzione per lui cominciò quindi già in patria e come prime cose dovette affrontare dure torture e l’esilio. Lo stesso Martirologio infatti fa riferimento ad altri atroci supplizi che dovette superare.
La conversione del tiranno per opera di Saturnino
Ad affrontare il martirio Saturnino non fu solo: con lui c’era il diacono Sisinio, e vennero martirizzati insieme. Prima dell’uccisione, dopo la condanna a morte entrambi vissero un periodo di prigionia.
Erano tenuti a digiuno per essere fiaccati nelle forze. I due cristiani subirono di tutto: furono stirati con nervi, percossi con bastoni e scorpioni, poi anche bruciati con fiamme.
Nonostante queste torture erano ancora in vita e alla fine furono decapitati. Era circa l’anno 304. Saturnino terminò la sua vita terrena quindi come martire per la fede in Cristo, e tra le grazie che scaturirono dalla sua sofferenza ce n’è una eclatante.
Come riporta il Martirologio Romano, “convertì alla fede il tiranno Graziano e infine, decapitato, ottenne la corona del martirio”. Nonostante non gli fu risparmiata una fine così atroce, tutto il dolore che dovette subire portò già il frutto di una conversione certamente inaspettata, quella di un tiranno.
Il culto a San Saturnino
Il culto alla sua persona si diffuse e continuò ad essere vivo nei secoli a venire. Prorpio per questo reliquie dei suoi resti fruono traslate nella Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo al Celio.
Successivamente, nel 1581, per ordine di Papa Gregorio XIII fu data l’indulgenza plenaria in perpetuo a coloro che avessero visitato la Basilica del Celio e avessero pregato sulle reliquie di San Saturnino.
Secondo un racconto leggendario nel 558 il suo corpo fu trasportato in provincia di Rieti, a Toffia. Stando a questa narrazione nel corso del tragitto i cavalli che trainavano il carro in cui c’erano i resti si fermarono istintivamente davanti alle Ripe di Sant’Antonio e si inginocchiarono. Contemporaneamente le campane di misero a suonare e i corpi, di Saturnino e di Sisinio furono seppelliti nella chiesa del luogo.
Nella chiesa di San Lorenzo Martire a Toffia, dove riposerebbero i corpi, ci sono due raffigurazioni. In una il Santo è rappresentato con una palma in mano benedicente il paese. Nell’altra mentre è torturato con uncini infuocati.