La Chiesa celebra oggi quello che è il più ardente e ardito missionario di tutti i tempi, Patrono delle Missioni insieme con Santa Teresina di Lisieux.
Pioniere infaticabile delle missioni, l’Apostolo delle Indie si è spinto con l’audacia di un esploratore per portare il Vangelo là dove nessuno era mai giunto prima.
Francesco Saverio nasce in Spagna, nella regione della Navarra. Figlio di una famiglia nobile, vede la luce nel castello di Xavier (da cui il nome italianizzato in «Saverio») nel 1506. Fin da ragazzo il solco del suo destino appare già già ben tracciato: ad attenderlo studi prestigiosi e una carriera brillante. Proprio per questo motivo se ne va a studiare a Parigi.
Ma Dio per lui aveva ben altri piani. Proprio nella capitale francese fa gli incontri che segneranno per sempre la sua esistenza: con Pietro Favre ma soprattutto con un altro giovane spagnolo, Ignazio di Loyola. Con lui formerà la prima, piccola pattuglia della Compagnia di Gesù, una delle più formidabili “macchine da guerra” di sempre per conquistare le anime.
La partenza per la missione
Coi due nuovi amici fa un voto: fare un pellegrinaggio in Terra Santa e consacrarsi alla vita apostolica in povertà e castità. Ignazio di Loyola lo coinvolge nel primo gruppo di amici che dà vita alla Compagnia di Gesù. Il generale della Compagnia lo sceglie per andare in missione nelle colonie portoghesi nelle Indie. Lui risponde con le parole degli Apostoli:
«Eccomi. Andiamo».
Così nel 1942 Francesco Saverio parte missionario per le Indie. Intraprende un viaggio lunghissimo e pieno di insidie. Si imbarca su una nave sprovvisto di ogni cosa, portandosi dietro soltanto il breviario e la corona del Rosario.
La prima terra di missione è Goa, colonia portoghese dove porta il suo Rosario tra i poveri, i malati, i lebbrosi. Lì il missionario gira nei quartieri più miseri suonando un campanello per raccogliere attorno a sé i ragazzi affamati che cominciano a chiamarlo «il grande Padre».
Un evangelizzatore in moto perpetuo
Francesco Saverio si rivela una specie di moto perpetuo dell’evangelizzazione. Viaggia di continuo, passando di città in città e di villaggio in villaggio. Appena può s’imbarca per raggiungere i pescatori di perle sparsi nelle isolette, spingendosi fino nelle
Molucche. A chi, temendo per la sua vita, gli nega le imbarcazioni risponde così: «Andrò a nuoto». E quando cercano di frenarlo agitando la paura degli animali velenosi, lui sorride: «La fiducia in Dio – dice – è un buon controveleno».
Nulla sembra arrestarlo. E lui si spinge ancora più in là, verso la lontana isola del Giappone. Riesce a raggiungerla nel 1549 a bordo di una giunca, dopo mille peripezie. È ignaro di tutto: dei costumi come della lingua del posto. Ma una lingua la conosce bene: quella della carità, che gli permette di costruire una piccola comunità cristiana.
L’ultimo viaggio verso la Cina
Dal Giappone cerca di poi di raggiungere la Cina, il meraviglioso Paese da cui, gli dicono i giapponesi, vengono tutte le cose belle. Riprende il mare giungendo a
Singapore, a poco più cento miglia dal porto cinese di Canton. Ma quando si appresta a fare l’ultima traversata si ammala gravemente di polmonite. Muore quasi in totale solitudine, alle prime luci del 3 dicembre 1552, a soli 46 anni. Accanto a lui c’è solo il giovane cinese che gli fa da guida. Si spegne implorando come il lebbroso evangelico: «Gesù, figlio di David, abbiate pietà di me!».
Prima che muoia il giovane cinese gli mette tra le mani una candela accesa: simbolo della luce che il missionario più ardente e ardito di tutti i tempi avrebbe voluto portare al mondo.
Infaticabile pioniere delle missioni moderne, Francesco Saverio aveva a cuore soprattutto la formazione di un clero indigeno. Papa Gregorio XV lo canonizza nel 1622. Pio XI nel 1927 lo proclamerà patrono delle missioni estere.
Preghiera a San Francesco Saverio
Signore, che per mezzo del tuo servo Francesco Saverio, hai voluto aggregare alla tua Chiesa nuovi popoli. concedi a noi di imitare nell’esempio delle virtù colui di cui ammiriamo i meriti.