Invocare il Santissimo Nome di Gesù è una sorta di “bomba atomica” spirituale capace di convertire in profondità il nostro cuore.
Si tratta di una devozione molto antica cara a grandissimi santi che diventerà un simbolo molto diffuso grazie a un eccezionale predicatore come San Bernardino da Siena, che lo disegnerà personalmente e propagherà il culto al Santissimo Nome di Gesù.
«Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò». Basterebbero queste parole del Signore, riportate nel Vangelo di San Giovanni (14, 13-14), a rendere evidente quale centralità abbia il nome di Gesù nella preghiera del cristiano.
Anche l’Ave Maria, non a caso, trova in suo vertice nelle parole: «E benedetto il frutto del tuo seno, Gesù». L’importanza del Santissimo Nome di Gesù – Yeshua in aramaico, che non vuol dire altro che «Dio salva» – fu colta fin di primissimi secoli del cristianesimo. Come provano i cristogrammi dell’arte paleocristiana, cioè le combinazioni di lettere (dell’alfabeto greco o latino) per raffigurare in forma abbreviata il nome di Gesù Cristo. Il culto liturgico del Santissimo Nome di Gesù prenderà piede però soltanto tra XV e XVI secolo.
La potenza del nome di Gesù
Il solo invocare il nome del Signore Gesù agisce con potenza nel profondo della nostra anima, che può cambiarci profondamente. Alcuni santi medievali – come San Bernardo da Chiaravalle e San Francesco d’Assisi – erano grandi devoti al Santissimo Nome di Gesù.
Ma sarà soprattutto grazie a San Bernardino da Siena (1380-1444) che si diffonderà il culto del nome di Gesù. A sostenerlo saranno anche altri francescani, in prima fila il suo discepolo e intimo amico San Giovanni da Capestrano, che lo difenderà dalle accuse di eresie spiegando come il simbolismo solare fosse già radicato nel Vecchio Testamento.
Il significato del Trigramma di San Bernardino
San Bernardino infatti aveva ideato un simbolo da mettere in tutti i locali, pubblici e privati, che consisteva appunto in un sole su sfondo azzurro e 12 raggi al cui interno erano scritte le lettere IHS (o JHS), le prime tre del nome di Gesù in greco: ΙΗΣΟΥΣ. Le tre lettere di quello che verrà chiamato il Trigramma di San Bernardino rappresentano anche l’abbreviazione di Iesus Hominum Salvator, ossia «Gesù Salvatore degli uomini».
Il sole del Trigramma simboleggia il calore irradiato da Gesù, mentre i raggi – dodici come gli Apostoli –rimandano alla luce emanata dal Salvatore.
Il significato dei raggi veniva espresso in una litania: I. Rifugio dei penitenti; II. Vessillo dei combattenti; III. Medicina degli infermi; IV. Sollievo dei sofferenti; V. Onore dei credenti; VI. Splendore degli evangelizzanti; VII. Mercede degli operanti; VIII. Soccorso dei deboli; IX. Sospiro dei meditanti; X. Aiuto dei supplicanti; XI. Debolezza dei contemplanti; XII. Gloria dei trionfanti.
Altri otto raggi rappresentano le beatitudini mentre la fascia che circonda il sole allude all’eterna felicità dei santi in Paradiso.
Una festa ripristinata da Giovanni Paolo II
Papa Martino V approvò il simbolo e chiese di aggiungere una croce all’altezza dell’H. Nel 1530 Clemente VII autorizzò i francescani a recitare l’Ufficio del Santissimo Nome di Gesù. Pochi anni più tardi saranno i Gesuiti – nati da poco – a farsi propagatori della devozione al Santissimo Nome di Gesù assumendo come emblema una variante del simbolo originario, al quale vennero aggiunti tre chiodi. Nel 1721, quando la celebrazione del Nome di Gesù si era diffusa in diverse regioni, papa Innocenzo XIII la estenderà a tutta la Chiesa universale.
Il giorno di celebrazione della festa del Santissimo Nome di Gesù variò tra le prime domeniche di gennaio, per essere fissata al 2 gennaio fino agli anni Settanta del XX secolo, quando venne soppressa. Giovanni Paolo II la reintrodusse nel 2002 al 3 gennaio come memoria facoltativa.