Gregorio Magno fu un grandissimo Papa, saggio e dotto, visse sempre in povertà e umiltà al servizio dei poveri e della Chiesa.
Più autorevole che autoritario, governò e riformò la Chiesa con saggezza e promosse anche la liturgia.
Papa Gregorio «Magno» (cioè grande) può dire di essersi meritato appieno questo titolo. È stato infatti un perfetto modello di come bisogna governare: con saggezza e giustizia, con mitezza e fortezza. Gregorio fu davvero grande: nell’amministrazione e nella politica, ma soprattutto nella carità.
Fu il primo papa a dirsi «servo dei servi di Dio». Uomo al tempo stesso tollerante e severo, Gregorio nasce verso il 540. Appartiene alla famiglia Anicia, una delle più in vista di Roma. Il padre di Gregorio, Giordano, muore quanto lui è molto giovane. Ma ricopre già l’importante carica di prefetto di Roma.
Ma non è quella la sua strada. Gregorio decide di lasciare tutto e si dedica alla vita religiosa. Profondo ammiratore di San Benedetto, muta la toga da senatore in saio benedettino. Dopodiché converte i suoi possedimenti in comunità monastiche (a partire dalla sua casa di Roma). Fonda così monasteri a Roma e sul Celio, e in Sicilia, dove si ritira per seguire la regola benedettina.
Ma non vi rimane a lungo. Il suo nome è ormai famoso a Roma e papa Pelagio II lo invia come suo Nunzio (ovvero come suo rappresentante) presso l’imperatore di Costantinopoli. Al rientro, si ritrova nel bel mezzo della pestilenza che aveva decimato tre quarti dei romani, compreso papa Pelagio.
La comunità cristiana di Roma lo vuole papa e Gregorio, dopo una iniziale titubanza, finisce per accettare. Così governa la Chiesa dal 590 al 604, quattordici anni contrassegnati da una salute sempre malferma (tanto da dover far spesso leggere le sue omelie da un notaio, non riuscendo a reggersi in piedi). Senza contare le calamità succedute alla peste: la fame, la tempesta e infine il flagello dei Longobardi, arrivati alle porte di Roma.
Riesce a risolvere la questione longobarda per via diplomatica, senza spargimento di sangue. Trova una grande alleata nella regina dei Longobardi Teodolinda, donna di profonda sensibilità, la stessa che poi donerà alla cattedrale di Monza la famosa «corona ferrea».
Allontanata la minaccia longobarda, papa Gregorio può dedicarsi a riorganizzare la Chiesa: rimette ordine nel patrimonio ecclesiastico e rilancia lo sforzo missionario e caritativo. Favorisce la conversione dei Longobardi, inizia l’evangelizzazione dell’Inghilterra attraverso sant’Agostino da Canterbury. Dà vita anche a una grande attività caritativa. Nella sua chiesa al Celio si conserva una tavola attorno alla quale Gregorio era solito invitare ogni giorno i poveri servendoli lui stesso.
Oltre che grande amministratore, papa Gregorio è una guida illuminata e umile (il primo a usare la formula «servo dei servi di Dio»). Ottimo scrittore e dotto predicatore, ci ha lasciato molte opere. Promuove anche la riforma e la diffusione del canto liturgico (che dal suo nome si chiamerà «gregoriano»). Un’attività davvero gigantesca per un uomo dalla salute tanto cagionevole.
San Gregorio viene considerato l’ultimo grande Papa del periodo romano e il primo grande Papa del periodo medioevale. Ultimo dottore classico e primo dottore scolastico, vive sempre in povertà e umiltà, costantemente attento ai più poveri. Tanto che, pochi giorni prima di spegnersi (nel 604), riesce a far avere al vecchio e povero vescovo di Chiusi un mantello per ripararsi dal freddo dell’inverno.
O Dio, che hai concesso i premi dell’eterna beatitudine al tuo servo Gregorio, concedi propizio a noi, che giacciamo sotto l’incubo delle nostre colpe, la grazia di essere da te sollevati per le sue preghiere.
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