San Giuseppe Benedetto Cottolengo è ricordato come il fondatore della Casa della Divina Provvidenza, in cui ha espresso la sua attività caritativa verso i più emarginati.
Considerato uno dei santi sociali piemontesi, la figura di San Giuseppe Benedetto Cottolengo è fortemente legata agli indigenti, ai malati, ai disabili e agli emarginati. Nacque a Bra in provincia di Cuneo il 3 maggio 1786 come primogenito di 12 figli.
Manifestò fin dalla giovinezza un’attitudine e una piena disponilbilità ad aiutare gli altri, soprattutto se in difficoltà. Diventò sacerdote e fece prima il viceparroco a Corneliano d’Alba. Poi, si laureò in teologia e diventò un canonico dotto e stimato. In una prima parte del suo ministero si dedicava prevalentemente alla predicazione, al sacramento della Confessione e a fare il conferenziere negli ambienti universitari. Venne nominato canonico della Santissima Trinità, una congregazione di sacerdoti che officiava nella chiesa del Corpus Domini di Torino. Svolgeva questi compiti, ma sentiva dentro di sé di essere chiamato anche ad altro.
La svolta: scopre la sua vera vocazione
Nella vita di Cottolengo arrivò una svolta il 2 settembre 1827. In modo del tutto inaspettato comprese cosa avrebbe dovuto fare da lì in seguito. Quel giorno mentre era sulla diligenza si imbattè in una famiglia francese con 5 figli, la cui madre, Giovanna Maria Gonnet, incinta al sesto mese era in gravi condizioni. Nessun ospedale voleva accoglierla perché affetta da una forte febbre, con perdite di sangue. Temendo il contagio la rimandavano indietro.
La donna trovò rifugio in un dormitorio pubblico e dato che si era aggravata, era stato mandato a chiamare un sacerdote. Per una serie di coincidenze fu Cottolengo a ritrovarsi ad assistere la donna che morì di lì a poco. Quell’evento segnò la sua storia. “Mio Dio, perché? Perché mi hai voluto testimone? Cosa vuoi da me? Bisogna fare qualcosa!” si chiedeva pregando davanti al Santissimo Sacramento. E fu allora che capì: avrebbe dovuto dedicarsi fattivamente ai poveri. Da quel momento si diede da fare e utilizzò tutte le sue risorse finanziarie come anche le sue abilità organizzative per sostenere i più soli, bisognosi ed emarginati.
Fondò diverse case alla periferia di Torino, a cui diede nomi significativi: “casa della fede“, “casa della speranza“, “casa della carità“. Cosituì delle vere e proprie comunità fatte di persone, volontari e volontarie, uomini e donne, religiosi e laici, che si misero insieme per questo progetto di aiuto e di sostegno ai più indigenti.
La Casa della Divina Provvidenza e la sua diffusione
Fedele alla Divina Provvidenza, in cui credeva fermamente e alla quale si poneva a servizio, la mise come guida della sua opera. “Io sono un buono a nulla e non so neppure cosa mi faccio. La Divina Provvidenza però sa certamente ciò che vuole. A me tocca solo assecondarla. Avanti in Domino”, diceva.
Di se stesso diceva di essere il “manovale della Divina Provvidenza“. Quando un’epidemia di colera lo costrinse a chiudere l’ospedaletto che aveva creato, non si arrese e non si fermò. Semplicemente lo spostò in zona Valdocco, Borgo Dora e lo trasformò. Non più semplice ospedaletto di emergenza sanitaria, come era prima, ma una vera e propria “Casa”. La chiamerà Piccola Casa della Divina Provvidenza.
Diceva che “a chi straordinariamente confida, Dio straordinariamente provvede” e si occupava di fornire assistenza a malati di ogni tipo, donne, uomini, anziani, disabili fisici e psichici. Tra i volontari che lo accompagnarono nella sua opera ci furono medici e farmacisti, tra cui il farmacista regio, che prestavano la loro attività di volontariato. Fondò anche cinque monasteri di suore contemplative e uno di eremiti.
Giuseppe Benedetto Cottolengo morì a Chieri il il 30 aprile 1842, a 56 anni dopo aver portato avanti la sua opera solo negli ultimi 14 anni. Beatificato nel 1917, fu poi canonizzato nel 1934. L’esperienza missionaria cottolenghina oggi è presente in Europa, Asia, Africa, Nord e Sud dell’America.