Figura di dotto studioso, a San Girolamo si deve la Vulgata in latino della Bibbia. Fu un monaco proclamato Dottore della Chiesa.
San Girolamo vive nel IV secolo, esattamente nasce nel 347 a Stridone in Dalmazia da una famiglia patrizia. Il suo nome, Hyeronimos, siginifica “sacro nome”, fin da giovane ha manifestato la passione per lo studio e si è formato a Roma, dove è stato battezzato.
Nella città eterna compie studi di grammatica e impara le lingue antiche, l’ebraico, il greco e il latino. Durante una malattia, clon la febbre alta, decide di studiare a fondo la Sacra Scrittura.
Successivamente va in Oriente dove per quattro anni svolge una vita ascetica ritirandosi in eremitaggio e praticando digiuni. Lì prosegue lo studio della Bibbia e poi ritorna a Roma dove diventa sacerdote.
Data la sua grande erudizione riceve da papa Damaso un importantissimo incarico: tradurre la Sacra Scrittura in latino.
Così traduce dal greco e dall’ebraico e prende vita la cosiddetta Vulgata, che vuol dire “popolare”, “comune”.
Impiega ben 23 anni per tradurla tutta. Un lavoro lento e laborioso che resta nella storia. A Roma Girolamo diventa segretario del Pontefice e guida spirituale di diverse sante nobildonne che nella città daranno il via ad un primo gruppo monastico.
Nell’amore per le Scritture l’amore per Cristo
Per realizzare al meglio questa grande opera di traduzione Girolamo si trasferisce in Palestina e si stabilisce presso una grotta a Betlemme nelle vicinanze di quella della Natività.
Ha dovuto far fronte a molte tentazioni di desistere dall’impresa e abbandonare la vita eremitica. Ma le ha vinte con i digiuni e la preghiera.
Considerato un uomo dal grande rigore morale, Girolamo era favorevole al celibato ecclesiastico e contro il nascente uso delle cosiddette “agapete”, le vergini che sceglievano di consacrarsi a Dio con il voto di castità e vivevano in comune.
Combatteva con fermezza le eresie che cercavano di deviare dalla dottrina cattolica snaturando i dogmi e procurando divisioni. Rimangono le sue lettere a testimonianza del suo impegno su questo fronte.
Muore molto anziano il 30 settembre 420 a Betlemme nel monastero che lui stesso ha fondato. La sua vita è stata completamente dedicata al lavoro intellettuale, allo studio, alla ricerca, con la monumentale opera che è tuttora la traduzione della Bibbia usata dalla Chiesa.
Noto per avere un carattere a tratti intemperante, la sua predicazione era veemente e accesa, usava toni forti e diretti, e questo gli ha creato non poche inimicizie.
È stato proclamato Dottore della Chiesa ed è il patrono di bibliotecari, traduttori, librai, archivisti, archeologi, delle università cattoliche, ma anche dei miopi poiché alla fine della sua vita la sua vista era molto debole.
La sua Vulgata è stata riconosciuta come il testo ufficiale della Chiesa cattolica latina dal Concilio di Trento e lo è rimasta nei secoli.
Nella sua opera di traduzione volge l’attenzione anche all’ordine delle parole, in cui afferma che è racchiuso un mistero. Il suo studio è profondamente accurato e attraverso l’amore per la Scrittura trasferisce l’amore per Dio. Lo diceva esplicitamente affermando che “Ignorare le Scritture è ignorare Cristo“.