Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo sono i due discepoli del Signore che trovano il coraggio di manifestare la loro fede nel momento più buio.
La loro fedeltà anche nell’apparente sconfitta del Messia è prova, come ha scritto Gustave Thibon, che «la fede consiste nel non rinnegare nelle tenebre quello che si è intravisto nella luce».
Il Vangelo di Giovanni ci descrive in maniera accurata la deposizione e la sepoltura di Gesù. Una procedura che appare alquanto inconsueta. Generalmente infatti i Romani lasciavano i corpi dei condannati a morte sulla croce fino a quando non venivano gettati in una fossa comune.
Non così con Gesù, al quale viene riservato un diverso trattamento. Merito proprio di Giuseppe d’Arimatea, «membro autorevole del sinedrio» come lo definisce il Vangelo di Marco, che ricorre alla sua influenza per chiedere a Pilato il corpo di Gesù e farlo seppellire in un sepolcro acquistato per sé.
Fede e coraggio di Giuseppe d’Arimatea
Uomo potente, noto e stimato a Gerusalemme, Giuseppe con ogni probabilità era originario di Arimatea. Giovanni Evangelista ricorda come seguisse Gesù con discrezione, una discrezione abbandonata quando «andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù», ricorda sempre Marco.
Giuseppe era ben conscio del rischio che si prendeva: manifestando in quel modo aperto la sua simpatia per un condannato a morte rischiava di essere considerato suo complice e di fare la sua stessa fine. A quel punto però Giuseppe non ha più alcun timore né reticenza e manifesta palesemente la sua fede offrendo la propria tomba per seppellire Gesù e comprando pure un lino per farne avvolgere il corpo.
Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, discepoli del Messia nell’ora più buia
Giuseppe però deve sbrigarsi perché è prossima la Pasqua ebraica. E chi è impuro per essere stato a contatto con un cadavere non può festeggiarla. Così si fa dare una mano da Nicodemo che si porta appresso molti oli profumati.
Ma seguiamo il racconto evangelico.
«Dopo questi fatti, Giuseppe d’Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com’è usanza seppellire per i Giudei. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino». (Gv 19, 38-42)
Nicodemo, il fariseo affascinato da Gesù
Nicodemo, fariseo, dottore della legge e principe dei Giudei, appare solo nel Vangelo di Giovanni. La prima volta compare al momento dell’arrivo di Gesù a Gerusalemme. Affascinato dalla figura del Maestro, si reca da lui di notte – in modo da non essere visto.
Una volta da Gesù lo interroga sulla sua missione. Gesù gli risponde: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio». Parole che colpiscono profondamente Nicodemo, al punto che parlerà in favore di Gesù in consiglio quando verrà imprigionato, ricordando ai farisei il diritto dell’accusato, riconosciuto dalla legge, di essere ascoltato prima di essere giudicato. E come visto, al momento della sepoltura del Signore lo ritroveremo a fianco di Giuseppe d’Arimatea.