La Chiesa oggi celebra un altro gigante del confessionale e del tabernacolo: Giovanni Maria Vianney, meglio noto come il Santo Curato d’Ars.
Tuttavia la strada per diventare sacerdote – lui che sarebbe diventato patrono di tutti i preti del mondo – fu davvero molto lunga e tutta in salita.
Giovanni Maria Vianney nasce nel 1786 da una famiglia contadina. Cresce nel pieno dei disordini e delle persecuzioni antireligiose della Rivoluzione francese, ricevendo la sua prima comunione in clandestinità. Il giovane contadino non ha mai frequentato la scuola e i libri non fanno decisamente per lui. Ma sente ardente in petto la chiamata al sacerdozio, malgrado la riluttanza del padre.
A vent’anni comincia i primi studi. Malgrado difficoltà di ogni tipo, fatiche e umiliazioni (lo cacciano pure dal seminario), sudando le proverbiali riesce a diventare prete. Ma ce la fa solo nel 1818, a trentadue anni suonati, quando i Superiori, vedendosi a corto di sacerdoti, gli affidano la cura di una piccola parrocchia di 230 anime: Ars, villaggio a una quarantina di chilometri da Lione.
La risposta del Curato d’Ars all’indifferenza dei parrocchiani
Quello che diventerà noto a tutti come «il Curato d’Ars» rimarrà qui fino alla sua morte. Appena arrivato in paese, in un freddo giorno d’inverno, i parrocchiani lo accolgono con ostentata indifferenza.
Lui non si scompone né sale sul pulpito a imprecare contro gli «infedeli» parrocchiani. All’indifferenza reagisce piuttosto coi fatti. Che nel suo caso significano una vita integra, fatta di lavoro e di povertà, di preghiere, digiuni e penitenze. E soprattutto di ore passate in ginocchio davanti al tabernacolo, senza mangiare né dormire, o quantomeno mangiando lo stretto necessario per vivere, e dormendo soltanto tre ore a notte.
Si racconta che un giorno una vecchia parrocchiana gli sia entrata in canonica. Senza poter fare a meno, vista la cucina spenta, la dispensa vuota e il letto privo di materasso e coperte, di chiedergli: «Signor curato, come vivete?». «Vedete — risponde lui in maniera genuina ma spiazzante — vivo».
Una vita passata davanti al tabernacolo e in confessionale
Poco alla volta i parrocchiani cominciano a entrare in chiesa, attirati da quel curato sempre inginocchiato a pregare, pregare, pregare fino alle lacrime. Preghiere tanto commosse che alla fine commuovevano i cuori.
La gentilezza e la gioia irradiate dal Curato d’Ars, le lunghe ore in preghiera davanti al Santissimo Sacramento, impressionano profondamente i fedeli. Per ascoltare, confortare e placare tutti, passava fino a sedici o diciotto ore al giorno in confessionale.
Come predicatore il Curato d’Ars non brilla certo per la dotta erudizione. Anche in questo caso preferisce andare al sodo con prediche ardenti dove non si stanca di rammentare le «terribili verità»: la morte, l’inferno, i castighi. Una severità capace di scuotere i suoi ascoltatori, gente semplice come lui, spingendoli a cambiar vita e a fare penitenza.
Ma diremmo il falso se non ricordassimo che la severità del Santo Curato era temperata da una bontà e da una generosità illimitate. Non aveva altro che i vestiti che indossava, ma quando incontrava un disgraziato con le scarpe più consumate delle sue non ci pensava un attimo a proporgli di fare il cambio. Una volta fece il cambio perfino dei calzoni, sfilandoseli da dietro una siepe.
Da parroco tardivo a patrono di tutti i sacerdoti del mondo
Non passarono due anni che Ars divenisse il paese più devoto del Lionese. Non ne passarono dieci che la chiesa di Ars diventasse meta di pellegrinaggi da ogni parte di Francia.
E Giovanni Maria Vianney, il prete tardivo che inizialmente non aveva avuto nemmeno la facoltà di confessare, diventò il confessore dei più incalliti peccatori, che nel paesino di Ars ritrovarono la fede perduta.
Basti pensare che negli ultimi anni di vita del Curato d’Ars fino a 100 mila pellegrini venivano ogni anno per ascoltare da lui una parola di conforto e di pace. Totalmente assorbito dal suo compito pastorale, esausto fisicamente e spiritualmente
oppresso (il Maligno lo tormentava giorno e notte) alla fine della sua vita pronunciò queste parole: «Come è bello morire, quando si è vissuti sulla croce». Muore il 4 agosto 1859 all’età di 74 anni.
Pio XI, nel 1929, lo ha proclamato «celeste patrono di tutti i parroci dell’universo» mentre e da Benedetto XVI, nel 2009, lo ha nominato patrono «di tutti i sacerdoti del mondo».