Ogni giorno, recitava l’ufficio divino, aiutava e soccorreva i più poveri, esercitando la carità, nonostante la sua travagliata esistenza.
Il suo esser Regina del Portogallo la portò anche ad esser fonte di pacificazione nei rapporti fra i re di Spagna, Portogallo ed Aragona. Rimasta vedova, decise di ritirarsi in convento.
In questo quarto giorno del mese di luglio, la chiesa venera Santa Elisabetta del Portogallo. A soli 12 anni venne data in sposa a Dionigi, re del Portogallo, da cui ebbe due figli. Fu un matrimonio travagliato, ma in esso Elisabetta seppe dare la testimonianza cristiana che la portò alla santità. Svolse opera pacificatrice in famiglia e, come consigliera del marito, riuscì a smorzare le tensioni tra Aragona, Portogallo e Spagna.
Elisabetta non tralasciò le buone abitudini prese pur non trascurando i nuovi doveri di regina e di sposa. Continuò ad alzarsi di buon mattino per andare in cappella ad ascoltare la Messa in ginocchio, fare sovente la comunione, e dire l’ufficio della SS. Vergine e dei morti. Dopo pranzo ritornava in cappella per terminare l’ufficio divino, fare letture spirituali e abbandonarsi a svariate orazioni tra un profluvio di lacrime. Il tempo libero lo impegnava a confezionare suppellettili per le chiese povere, con l’aiuto delle dame di corte.
Elisabetta digiunava abitualmente tre volte alla settimana, tutta la quaresima, tutto l’avvento e dalla festa di S. Giovanni Battista all’Assunta. I venerdì e i sabati che precedevano le feste della SS. Vergine si cibava soltanto di pane e acqua.
Dopo la morte del marito, Elisabetta rinunciò al mondo e vestì l’abito del terz’ordine Francescano. In suffragio del re defunto, offrì al santuario di San Giacomo de Compostela la corona d’oro che aveva portato il giorno del matrimonio. Il vescovo della città le diede in cambio un bastone di pellegrino e una borsa che la santa volle portare con sé nella tomba.
O santa Elisabetta, modello d’ogni
virtù sublime, col vostro esempio
mostraste al mondo quanto può in
un’anima cristiana la carità,
la fede e l’umiltà.
Voi amaste Dio di un ardore sì
ardente ch’Egli vi rese degna di
provare sulla terra le gioie del
Paradiso. Con una fede invitta
foste vera discepola dell’Evangelo,
e considerando nel prossimo Gesù
Cristo stesso, metteste ogni vostra
soddisfazione nel parlare coi poveri,
nel servirli, nell’asciugare le loro
lacrime e nel soccorrerli.
La vostra umiltà fu sì grande, che
non contenta di cambiare il trono
con una miserabile capanna, e il
manto regale in un modesto abito
di san Francesco, voleste sottoporvi
quantunque innocente, ad una vita
di privazioni e di penitenze abbracciando
con gioia la croce del Divin Redentore.
O santa Elisabetta, siate la celeste
amica dell’anima nostra, aiutateci ad
amare Gesù come voi Lo avete amato,
proteggeteci nel nostro difficile e,
ottenendoci il perdono dei nostri falli,
apriteci la via al Regno dei Cieli ove
voi sedete beata. Così sia.
Fonte: santiebeati
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ROSALIA GIGLIANO
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