Oggi la Chiesa ci indica la figura luminosa di San Carlo Borromeo, pastore zelante e appassionato. Uno dei più grandi Vescovi della storia della Chiesa: gigante nella carità, gigante nella dottrina, gigante nell’apostolato. Ma soprattutto gigante nella pietà e nella devozione.
Il grande Vescovo di Milano è stato uno dei più grandi conquistatori di anime della storia.
Oggi la Chiesa ci indica la figura luminosa di San Carlo Borromeo, pastore zelante e appassionato. Uno dei più grandi Vescovi della storia della Chiesa: gigante nella carità, gigante nella dottrina, gigante nell’apostolato. Ma soprattutto gigante nella pietà e nella devozione.
« Le anime — diceva San Carlo Borromeo —– si conquistano con le ginocchia». È questa l’unica conquista concesso ai cristiani, il privilegio dei santi: conquistare con la preghiera umile. E San Carlo Borromeo fu uno dei più grandi conquistatori di anime di ogni tempo.
Carlo nasce nel 1538 nella Rocca dei Borromeo, nobile e ricca famiglia padrona e signora del Lago Maggiore e delle terre rivierasche. A 12 anni, in quanto secondo figlio del Conte riceve la tonsura come da usanza delle famiglie nobili. Ma per Carlo si tratta ben di più che di una tradizione di famiglia. A Pavia, dove studia, dà subito prova delle sue doti intellettuali.
Un giovanissimo cardinale
Lo chiamano a Roma, dove viene creato Cardinale a soli 22 anni di età. Il giovanissimo cardinale ama lo studio e fonda a Roma un’Accademia detta delle «Notti Vaticane».
Partecipa al Concilio di Trento «più esecutore di ordini che consigliere» di papa Pio IV (suo zio), dirà un ambasciatore. Ma si rivela anche un lavoratore formidabile.
Nel 1562, dopo la morte del fratello maggiore, Carlo si trova davanti a un bivio: potrebbe chiedere la secolarizzazione e mettersi a capo della famiglia e delle sue ricchezze. Sceglie invece di rimanere nello stato ecclesiastico e viene consacrato Vescovo nel 1563. Ha soltanto 25 anni quando entra trionfalmente a Milano, destinata ad essere il campo della sua azione apostolica.
Un’attività prodigiosa
L’arcidiocesi meneghina al tempo è vasta quanto un regno: si estende tra terre lombarde, venete, genovesi e svizzere. Il giovanissimo Vescovo la percorre in ogni angolo, fosse pure il più remoto, visitando anche il paesino più sperduto. Al centro delle sue preoccupazioni ci sono la formazione del clero e le condizioni dei fedeli. Fonda seminari, costruisce ospedali e ospizi. Quanto alle ricchezze di famiglia, le profonde a piene mani a beneficio dei poveri.
Con altrettanta passione difende la Chiesa dalle ingerenze delle autorità civili, difendendo i suoi diritti dall’arroganza di signorotti e potenti. Riporta anche ordine e disciplina nei conventi. E lo fa con un tale rigore da prendersi un colpo d’archibugio da… un frate evidentemente contrariato dalla sua severità. Il colpo parte mentre San Carlo prega nella sua cappella: la palla squarcia la cappamagna cardinalizia ma il santo vescovo rimane incolume.
La carità di San Carlo in tempi di carestia e peste
In due occasioni in particolare la carità di San Carlo si manifesta in tutta la sua grandezza. Durante la carestia del 1570 (quando distribuisce più di tremila minestre al giorno) e al tempo della terribile peste del 1576, che la gente chiamerà la «peste di San Carlo». In quella drammatica circostanza la sua stessa cappa forata si trasforma in coperta dei malati, che il Cardinale Arcivescovo di Milano assiste di persona. Si racconta che fosse arrivato addirittura a distribuire ai poveri i suoi vestiti. Al punto che a lungo per le vie della città circoleranno persone con abiti color porpora.
La sua attività apparve prodigiosa: organizza e ispira confraternite religiose, opere pie, istituti benefici.
Modello per tutti i vescovi
Milano, durante l’episcopato di San Carlo, rifulge su tute le città italiane. Gli artefici della riforma cattolica guardano al Borromeo come al modello di ogni vescovo.
Ma le fatiche finiscono per sfiancare la sua pur forte fibra, indebolita da una vita di penitenze e digiuni. Finché a un certo punto non cede. Continua a fare visite pastorali senza mangiare e dormire, pregando e insegnando. Fa la sua ultima visita pastorale a Lucerna, in Svizzera (allora sotto la diocesi di Milano), consumato da una febbre bruciante. Fino all’ultimo non smette di seguire personalmente tutte le sue fondazioni, contraddistinte dal suo motto, fatto da un’unica parola: Humilitas.
Nasce al cielo qualche tempo dopo, il 3 novembre del 1584, a soli 46 anni, lasciando ai fedeli milanesi un ricordo di santità secondo soltanto a quello del grande vescovo Ambrogio. Viene elevato agli onori degli altari il 1° novembre 1610.
Preghiera a San Carlo Borromeo
Custodisci, o Signore, la tua Chiesa colla continua protezione di S. Carlo, confessore e vescovo, sicché, come la sollecitudine pastorale lo rese glorioso, così la sua intercessione ci renda sempre fervorosi nel tuo servizio.