Grande figura della Chiesa lombarda, San Carlo Borromeo rinuncia ai benefici del suo casato per essere pastore di anime.
La vita di San Carlo Borromeo è abbastanza breve e vissuta intensamente con il tratto della carità come elemento distintivo.
Nasce a ad Arona il 2 ottobre 1538 dall’illustre famiglia dei Borromeo. Essendo secondogenito viene destinato, secondo l’uso del tempo, alla carriera ecclesiastica. All’età di 21 anni si laurea in diritto e a soli 22 anni viene nominato cardinale.
Partecipa ai lavori del Concilio di Trento dove sotto la sua influenza alcuni decreti conciliari vennero approvati dal papa Pio IV, fratello della madre, Margherita Medici. Diventa amministratore delle ricca diocesi di Milano.
Poi, quando a 24 anni, muore il fratello maggiore, Carlo diviene l’erede del suo casato. Tutti si aspettano che lasci la carriera ecclesiastica per dedicarsi all’amministrazione dei beni di famiglia, ma lui prende un’altra decisione.
Dopo aver seguito un ciclo di esercizi spirituali sotto la guida del gesuita Ribera, suscita lo stupore generale scegliendo di rimanere nello stato ecclesiastico. Poco dopo viene consacrato vescovo di Milano.
L’attività episcopale improntata alla carità
Dopo la morte del fratello, con la decisione di restare un ecclesiastico c’è in un lui un profondo cambiamento interiore. Modifica il suo stile di vita che diventa molto più sobrio: rinuncia a feste e ricevimenti, ai divertimenti mondani anche se leciti, e intensifica la preghiera e le forme di penitenza così come il digiuno.
Personaggi a lui contemporanei e poi diventati santi, come Ignazio di Loyola, Gaetano da Thiene, Filippo Neri sono per lui fonte di ispirazione. Una volta vescovo la sua missione è quella di pastore di anime e la intraprende con tutto se stesso.
La contemplazione era alla base del suo operato, tanto che San Carlo Borromeo affermava “Le anime si conquistano con le ginocchia“. Veniva definito un uomo “di ferro” oer la sua tenacia e intransigenze sui princìpi.
Si dedica con zelo alla formazione del clero, crea un seminario maggiore ed uno minore e revisiona la vita delle parrocchie. Non si stanca di visitare la gente a lui affidata e incontra anche diverse difficoltà.
Nel 1569 subisce un attentato da parte di alcuni frati dell’Ordine degli Umiliati: gli sparano mentre è in preghiera nella sua cappella privata perché lui voleva riformare quell’Ordine con molti problemi. Rimase illeso e prosegue la sua attività pastorale all’insegna della carità.
La peste e i suoi vestiti donati ai bisognosi
Nel 1576 a Milano scoppia una grande epidemia di peste. Anche in quell’occasione San Carlo ha avuto modo di dimostrare la sua profonda dedizione agli altri, al gregge che gli era stato affidato e che doveva condurre.
Si racconta che non manca di dare anche i suoi vestiti a coloro che sono ridotti di stracci. Offre il suo mantello per coprire gli ammalati e il color porpora dei suoi abiti diventa il colore che si vede per le strade di Milano, in tutti i poveri che si vestono con le stoffe che lui ha donato.
Organizza un’ampia opera di assistenza ai malati e lui stesso va a visitarli personalmente. Venera la Sacra Sindone e nel 1578 gli viene eccezionalmente portata a Milano per venerarla di persona e chiedere la grazia della cessazione dell’epidemia.
Non viene contagiato dalla peste, ma negli anni successivi il suo corpo, stanco da tante fatiche a cui si era sottoposto senza risparmiarsi cede. Mentre faceva gli esercizi spirituali sul Sacro Monte di Varallo viene colto da una febbre persistente e, trasferito a Milano, muore il 3 novembre 1584 a soli 46 anni.
Viene canonizzato nel 1610 e considerato un modello di vescovo da seguire per tutti i pastori della Chiesa.