A Palermo, città di cui è patrona, i devoti la chiamano la «Santuzza». Molti secoli dopo la sua morte operò un grande miracolo.
Dopo aver abbandonato tutto per non consacrarsi che a Dio solo, questa giovane donna passerà il resto della sua esistenza facendo vita eremitica.
Santa Rosalia è la patrona di Palermo: qui la «Santuzza», come viene chiamata dai palermitani, è oggetto di grande venerazione. Sulla sua vita però le notizie sono davvero scarne.
L’interesse attorno alla Santa si riaccende nel 1624. È allora che una donna di nome Girolama La Gattuta afferma che Rosalia le è apparsa per indicarle il posto dove si trovano sepolti i suoi resti. Nel luogo indicato – una grotta del Monte Pellegrino nei pressi di Palermo – vengono eseguite delle ricerche. Queste effettivamente riportano alla luce delle ossa, senza però alcuna iscrizione ad indicare a chi appartenessero.
Allora il vescovo di Palermo – Giannettino Doria – incaricherà una commissione composta da medici e teologici di pronunciarsi sull’autenticità dei resti rinvenuti. Nel 1625 la commissione, dopo aver eseguito studi accurati, si espresse a favore della possibilità che le ossa appartenessero realmente a Santa Rosalia.
Il ritrovamento dell’iscrizione di Rosalia
Intanto in un’altra grotta, nei pressi del convento domenicano di Santo Stefano di Quisquina, alcuni muratori impegnati in un lavoro di restauro si accorgono di un’iscrizione latina molto rudimentale incisa nella roccia.
Sull’iscrizione si può leggere: «Ego Rosalia Sinibaldi Quisquine et Rosarum Domini filia amore Domini mei Jesu Christi in hoc antro habitari decrevi» («Jo Rosalia Sinibaldi, figlia delle rose del Signore, per amore di Gesù Cristo, mio Signore, ho deciso di abitare in questa grotta di Quisquina»).
In questo modo l’iscrizione forniva parzialmente conferma a una tradizione orale. Questa descriveva Rosalia come la figlia del principe Sinibaldo, cugino del re Guglielmo I, vissuta nel XII secolo. Secondo questa tradizione Rosalia, bellissima e virtuosa, sarebbe stata destinata a sposare un nobile locale. Venuto il giorno del fidanzamento ufficiale, Rosalia sarebbe fuggita di casa. Di lì si sarebbe rifugiata sulle montagne della Quisquina, vanificando anche le ricerche da parte del padre e del suo promesso sposo.
La vita eremitica di Rosalia e il miracolo legato alla peste
Da qui la Santa si sarebbe trasferita in una località più sicura, ovvero sul monte Pellegrino. Per alcuni anni Rosalia sarebbe rimasta qui, in questo luogo impervio e solitario, vivendo in penitenza e col conforto di dolci visioni. Poco prima che chiudesse gli occhi a questo mondo, verso il 1160, un monaco, avvisato misteriosamente dell’imminente morte di Rosalia, sarebbe salito sul monte per portarle il conforto dell’estremo viatico.
Papa Urbano VIII la farà inserire nell’elenco dei Santi nel 1630. Sull’onda della devozione accesasi dopo il ritrovamento dei resti mortali di Rosalia e anche per via del miracoloso intervento della Santa durante la terribile peste che nel 1624 aveva colpito Palermo. Il morbo si arrestò nel 1625 dopo una solenne processione con le reliquie ritrovate l’anno precedente. La liberazione della città dalla peste venne attribuita a Santa Rosalia, che divenne patrona di Palermo.
Preghiera a Santa Rosalia
O cara verginella Rosalia, che colla vostra speciale intercessione liberaste tante volte la nostra patria dai tremendi flagelli dell’ira divina. deh intercedete oggi per noi presso il Dio delle misericordie, acciocché non voglia riguardare alla enormità dei nostri peccati per punirci, ma ci accordi invece tempo alla penitenza.
Le vostre reliquie che sono in mezzo a noi, ci assicurino della vostra protezione e ci ottengano da Dio la grazia di glorificarlo insieme con voi nel cielo. Per tutti i secoli dei secoli Cosi sia.