Colpita a tredici anni da una terribile malattia, affronta con fede smisurata il calvario della sofferenza e offre a Gesù ogni sua sofferenza.
Anni prima aveva pregato così: «Gesù, che io faccia sempre quello che vuoi tu». Alla fine della sua breve vita gli dirà il suo ultimo «sì».
Alexia González-Barros y González nasce a Madrid il 7 marzo 1971. È molto attesa in casa: da sette anni la sorella e gli altri tre fratelli desiderano un’altra sorellina, dopo essersi visti morire due fratellini di pochi mesi.
Alexia viene al mondo in una famiglia di solidi principi cristiani, la cui fede è plasmata a fondo della spiritualità dell’Opus Dei. Fin da bambina Alexia rivela una personalità spiccata: è precoce, molto sensibile, attenta e intelligente. È in grado di capire al volo le cose e con altrettanta sveltezza e facilità le memorizza.
Spesso va Messa con la mamma, che è anche la sua prima catechista e condivide assieme a lei preghiere e meditazioni. In questo modo riesce a farla innamorare della Chiesa, della Parola di Dio e dei Sacramenti. Un giorno la mamma la sente pregare così: «Gesù, che io faccia sempre quello che vuoi tu». Ha appena sei anni, ma già comincia a avere un colloquio intimo e personale con Gesù.
L’8 gennaio 1979 riceve la prima Comunione a Roma, vicina alla tomba di Josemaría Escrivá de Balaguer, il fondatore dell’Opus Dei, chiamato affettuosamente in famiglia «il nostro Padre».
Cinque anni dopo, nel dicembre 1984, avverte un dolore sordo alla spalla destra. Inizialmente le diagnosticano una contrazione muscolare. Ma in febbraio, quando si accorge che braccio e mano stiano perdendo sensibilità, i medici si rendono conto che ha una lesione alla colonna vertebrale potenzialmente in grado, con un movimento scomposto, di paralizzarla.
La operano immediatamente il 9 febbraio: inizia così un calvario di dieci mesi, durante il quale emerge che la colonna vertebrale era stata lesionata da un sarcoma con metastasi ormai diffuse.
Per altro otto volte il suo esile corpo viene inciso in questi dieci mesi: per quattro volte subisce interventi alla spina dorsale, altre due volte le aprono l’anca per poterle prelevare la parte ossea necessaria per gli innesti. Una volta le devono estrarre le garze dimenticate nel corso della prima operazione, poi ancora una volta in modo da inserire una cannula per alimentarla.
Deve poi sottoporsi a dei cicli di chemioterapia che devastano ulteriormente il suo corpo, inclusi i magnifici capelli di cui andava tanto orgogliosa. Insieme al dolore, alla paura e alle lacrime di una bambina di quell’età, in Alexia cresce anche una fede sempre più solida. E così, mentre la paralisi avanza inesorabile fino a immobilizzarla completamente, si affina anche la sua capacità di amare e offrire anche quella terribile sofferenza. Senza mai lamentarsi, senza nulla chiedere.
In questo cammino doloroso c’è a sorreggerla anche la sua famiglia, che si “compatta” attorno a lei testimoniando – coi fatti prima che a parole – come un simile calvario possa essere affrontato cristianamente.
Alexia si spegne la mattina del 5 dicembre 1985, a soli 14 anni, dopo aver pronunciato, con l’ultimo soffio di voce rimastole, il suo ultimo «sì» a Gesù.
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