Il Beato Pietro Bonilli fu un pastore animato dal fuoco dell’apostolo che anela a raggiungere tutte le pecore per curarsi di loro e donare la propria vita.
Il suo modello fu la Sacra Famiglia di Nazaret, scuola d’amore oblativo. Gesù, Giuseppe e Maria furono l’esempio di quell’amore fatto di gesti d’amore e di servizio che egli volle sempre proporre a tutti.
Pietro Bonilli nasce a San Lorenzo di Trevi, in provincia di Perugia, il 15 marzo 1841. La sua nascita porta una grande gioia ai suoi genitori, costretti ad abbandonare la casa paterna. I Bonilli infatti, una famiglia piuttosto agiata, non avevano affatto gradito la decisione del figlio, che aveva voluto sposare Maria Allegretti, di origini decisamente più umili.
Alla nascita gli vengono dati i nomi di Pietro, Stefano e Giuseppe. Quando ha soltanto 9 anni gli è già chiaro cosa vuole fare nella sua vita: il sacerdote. Lo mandano a Trevi a studiare, ma gli tocca mantenersi da solo. Qui ad ogni modo incontra la persona di don Ludovico Pieri, un santo sacerdote che sarà il principale punto di riferimento della sua esistenza.
L’amore per i più deboli e svantaggiati
Nel 1863 diventa finalmente sacerdote e va a fare il parroco di Cannaiola di Trevi, il territorio più depresso della diocesi spoletana. Ci resterà per trentacinque anni e dovrà fare i conti con un posto degradato, avvilito dalla bestemmia, dal libertinaggio, dalle piaghe del gioco e dell’ubriachezza. Proprio qui nel 1888 fonderà un nuovo istituto: la Congregazione delle Suore della Sacra Famiglia di Spoleto. Alcuni anni prima, tra 1884 e 1887, aveva fondato il Piccolo orfanotrofio di Nazaret, diventato poi orfanotrofio per ragazze, per prendersi cura dei ragazzi abbandonati.
Inizia anche una fervida attività catechetica per fornire un’istruzione religiosa ai fedeli. Per farlo si serve, rivelandosi in questo un acuto precursore, dell’informazione e della stampa. «La stampa è l’arma del tempo», era solito dire.
La Sacra Famiglia, scuola dell’amore
Consumato dall’amore bruciante per la Sacra Famiglia soccorre poveri, sordomuti, ciechi, orfani, le persone abbandonate a sé stesse. È per loro che ha pensato e voluto la Congregazione. Il suo motto è: «Essere famiglia, dare famiglia, costruire famiglia».
È il 1898 quando diventa canonico della Cattedrale di Spoleto e successivamente Vicario generale della diocesi. Passa gli ultimi anni della sua vita terrena in solitudine, all’interno di una piccola camera. Si spegne nel 1935 a Spoleto.
Generoso imitatore del Buon Pastore
Papa Giovanni Paolo II, che lo proclama beato il 24 aprile 1988, lo definirà «imitatore generoso di Cristo Buon Pastore, don Bonilli riversò la sua carità su quanti necessitavano di aiuto; fatto esperto fin dalla fanciullezza delle sofferenze e miserie, delle umiliazioni e istanze della gente della campagna, egli si impegnò a “nutrire” il suo popolo, a condurlo in pascoli più ubertosi. Egli che “conosceva il suo gregge”, volle trovare per esso il cibo adatto».