Nel giorno dell’Epifania si commemora la manifestazione del Signore come Figlio Incarnato di Dio con l’adorazione dei Re Magi che gli portano doni preziosi.
Il 6 gennaio, solennità dell’Epifania del Signore, è un giorno di festa e adorazione. I Re Magi, giunti dall’Oriente seguendo la stella cometa per trovare il bambino di cui si profetizzava la nascita, trovarono la Sacra Famiglia nella grotta di Betlemme e gli resero omaggio.
Nel cristianesimo orientale questo evento prende il nome di Santa Teofania, la santa manifestazione del divino. Dopo l’adorazione dei pastori nella notte della nascita, Gesù riceve quella dei Re Magi, grandi sapienti, rivelandosi così a tutte le genti.
Anche l’Epifania ci mostra il modo divino di comunicarsi agli uomini per portarli alla salvezza. La tradizone cristiana identifica in Gaspare, Melchiorre e Baldassare i tre re saggi che sono andati alla ricerca del Salvatore e lo hanno trovato e adorato.
Questi sapienti scrutavani il cielo certi che nella creazione esiste la firma di Dio. “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo” (Mt 2, 1-12) dissero una volta giunti presso Gesù, Giuseppe e Maria.
I Re magi erano uomini in ricerca, sapienti che non hanno esitato a lasciarsi guidare dai segni di Dio. Hanno creduto, non hanno posto il loro sapere in primo piano, ma hanno usato l’intelligenza al servizio del Creatore.
Il segno del cielo che hanno seguito era la stella. Di che tipo di stella si trattava? Keplero riteneva che si trattasse di una “nova” o una “supernova”, cioè di una di quelle stelle che normalmente emanano una luce debole, ma che possono avere improvvisamente una violenta esplosione interna che produce una luce eccezionale.
Come ha spiegatouna volta papa Benedetto XVI in una sua omelia della solennità odierna, i Magi sono andati “con gli occhi profondi della ragione alla ricerca del senso ultimo della realtà e con il desiderio di Dio mosso dalla fede, che è possibile incontrarlo, anzi si rende possibile che Dio si avvicini a noi“.
Incarnano perciò il modello della ragione umana ben indirizzata e non ripiegata su se stessa. Attravero il retto uso della ragione, dono di Dio, lo hanno incontrato. È avvenuto per loro come avviene per ogni uomo.
I doni che portarono a Gesù Bambino sono regali con una precisa simbologia messianica. Donarono oro, incenso e mirra: il primo rappresenta la regalità di Cristo, il secondo è simbolo del suo sacerdozio. Il terzo simboleggia la Passione e la morte del Signore e ne è come una prefigurazione, dal momento che si trattava dell’unguento usato prima della sepoltura.
Con la forza di una fede che si era già fatta strada nei loro animi, questi tre sapienti si inoltrarono coraggiosamente, agendo letteralmente con la guida del cuore. E come ci racconta il Vangelo quando trovano il Bambino esplodono di gioia: “Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono “( Mt 2, 12).
Conoscono perciò la gioia più grande, che è data loro, grazie alla loro fede, allo slancio del cuore che hanno compiuto per il desiderio più profondo, vedere Dio.
Prima del loro arrivo presso la grotta di Betlemme, mentre erano in viaggio giungendo da molto lontano, approdarono dal re Erode e gli chiesero se avesse indicazioni per farli arrivare al termine del cammino.
Ma avendo capito che questo era avido e folle di superbia, in seguito, dopo aver reso il loro omaggio al Bambino non gli diedero l’informazione da lui richiesta e fecero ritorno alla loro terra. Il re aveva domandato loro di riferirgli il luogo in cui si trovava il Messia, qualora lo avessero trovato, ma loro scelgono di proteggerlo.
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