E’ il protovescovo di Tortona, città in provincia di Alessandria, nonché santo patrono della Diocesi. Convertito al Cristianesimo grazie a San Barnaba e, grazie a San Siro, vescovo di Pavia, conferma apertamente la sua fede.
Le sue reliquie sono state trovate dal Vescovo, nonché suo successore, Sant’Innocenzo e sono conservate nella Cattedrale di Tortona.
6 marzo: Marciano, il Vescovo e Patrono
In questo sesto giorno del mese di marzo, la chiesa venera San Marciano di Tortona. Di famiglia pagana, secondo la tradizione, sarebbe stato convertito da san Barnaba, compagno di san Paolo e confermato poi nella fede da san Siro. Vescovo di Tortona, dopo 45 anni alla guida della diocesi.
Secondo la tradizione, la figura di San Marciano si ricollega da una parte ai discepoli diretti di Gesù, dall’altra ai primissimi evangelizzatori della valle del Po. Il suo episcopato è stato molto lungo, fino a quando, sotto l’Imperatore Adriano, il prefetto di Milano, Saprizio, non cominciò a perseguitare i cristiani, specialmente quelli che occupavano posti elevati nella Chiesa.
La morte dopo duri tormenti
Il Vescovo Marciano, che non volle piegarsi alle minacce dei persecutori, fu decapitato dopo molti tormenti, il 6 marzo dell’anno 120.
Il corpo di San Marciano resta sepolto per più di due secoli sulla riva sinistra del fiume Scrivia, prima che un altro Vescovo, Sant’Innocenzo, gli desse degna sepoltura e gli dedicasse una chiesa.
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Preghiera a San Marciano di Tortona
A te san Marziano, padre nella fede,
rivolgiamo la nostra preghiera
A te san Marziano, padre nella fede, rivolgiamo la nostra preghiera.
Dal giorno della tua festa che
non abbiamo potuto celebrare,
l’urna che custodisce i tuoi resti mortali
è stata in mezzo a noi,
al centro della chiesa cattedrale:
comprendiamo ora che questo
è stato il modo
che ci ha permesso di sentire,
in questo tempo di prova,
la tua presenza e la tua intercessione
che da secoli accompagna
la vita di noi tortonesi.
Vorrei poter dare voce
a tutte le segrete parole del cuore
che in questi giorni difficili
noi, tuoi figli, in un continuo,
lungo pellegrinaggio,
ti abbiamo rivolto,
accostandoci alla tua urna:
parole appena sussurrate, spesso taciute
perché soffocate dalle lacrime,
ma che il tuo cuore
di Padre – ne siamo certi –
ha saputo ascoltare e custodire.
Ti abbiamo confessato
lo smarrimento – salutare
ma per questo non meno faticoso –
nel vedere infrangersi all’improvviso
la nostra presunzione di onnipotenza,
scoprendoci fragili, vulnerabili, mortali.
Ti abbiamo consegnato
la solitudine e la paura dei nostri anziani,
privati, nelle case di riposo,
della visita dei loro affetti più cari
e il dolore straziante
per l’impossibilità di stare accanto
ai nostri familiari e amici
nei loro ultimi giorni di vita,
senza nemmeno il conforto
di un ultimo saluto
o del cordoglio nel momento della sepoltura.
Ti abbiamo affidato
la fatica del non poter stare insieme,
in tutte le sue forme,
dalla scuola al lavoro,
dallo sport alla cultura
e, non ultima, la fatica grande del non poterci radunare in assemblea
attorno all’altare del Signore.
Ti abbiamo invocato
nella prova di una convivenza
imposta dal dover stare in casa
che spesso ha esasperato le tensioni
delle nostre relazioni incapaci
di accogliere l’altro
e ti abbiamo presentato
la solitudine dei poveri
che nelle emergenze
rischiano di diventare sempre più
lo scarto del nostro egoismo.
Ti abbiamo confidato:
la fatica fisica e dell’anima
di chi si è dedicato con tutte le sue forze
e al di sopra delle sue forze
alla cura dei malati;
la preoccupazione e l’impegno
dei nostri amministratori,
delle forze dell’ordine, dei volontari
e di quanti sono a servizio del bene comune;
l’ansia per le conseguenze economiche
e lavorative che grava sulle imprese
e sui lavoratori.
Abbiamo chiesto il tuo aiuto
ben sapendo che tu hai già donato a noi
il bene più prezioso,
la sola risposta a tutte le domande
del nostro cuore affaticato,
l’unica parola di vera speranza:
Gesù Cristo, nostra Pasqua,
il cui Vangelo tu hai seminato
in questa nostra Città
innaffiandolo con il sangue del tuo martirio.
Noi siamo certi che tu hai accolto
le nostre parole, tutte,
anche quelle ingiuste nei confronti di Dio.
Ora fa’ che anche noi accogliamo
la forza della tua testimonianza
che ci ricorda che questo
è il comandamento nuovo:
che ci amiamo gli uni gli altri
come lui ha amato noi (cfr. Gv 15,12).
Il tuo martirio ci ricorda
che l’amore è dare la vita
per i propri amici (cfr. Gv 15,13):
nella partecipazione
all’offerta d’amore di Gesù sulla croce
tutto acquista senso.
Fa’ che accogliamo
questa parola di rivelazione:
solo così potremo costruire una Città
di uomini e donne
che si riconoscono fratelli e sorelle,
nella quale custodire quei beni,
veramente umani perché dono di Dio,
che nella privazione di questi giorni,
abbiamo riscoperto preziosi. Amen.
San Marziano, prega per noi!
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