Sant’Ambrogio è stato uno dei più grandi vescovi della storia della Chiesa, senza paura davanti ai potenti del suo tempo.
Non ebbe timore – lui, ex funzionario romano – di riprendere duramente l’Imperatore ricordandogli i suoi doveri davanti a Dio e agli uomini.
Oggi è una giornata particolarmente solenne per la chiesa di Milano, che festeggia il suo grande vescovo, oltre che amatissimo patrono.
Non tutti forse sanno però che Ambrogio non era nato a Milano, ma a Treviri (allora in Gallia) verso il 339. Dopo la morte del padre – funzionario romano in servizio al di là delle Alpi – la famiglia di Ambrogio fa rientro a Roma, dove il futuro vescovo studia diritto e retorica.
Ambrogio intraprende la carriera giuridica. Si trova a Milano quanto muore il vescovo locale. Da bravo funzionario dell’impero cerca di scongiurare i disordini e i tumulti non inconsueti in occasione delle elezioni ecclesiastiche. Alle riunioni dei fedeli parla con ragionevolezza e fermezza, invitandoli ad agire in coscienza e nel rispetto della libertà.
L’assemblea rimane impressionata a tal punto dai suoi discorsi che si alza un grido unanime: «Ambrogio Vescovo!». La cosa gli crea non poco imbarazzo: non solo perché Ambrogio è presente in assemblea in qualità di funzionario imperiale, ma anche per il fatto che non è battezzato, essendo solamente un catecumeno.
Cerca perciò di schermirsi proclamando la propria indegnità in quanto peccatore. Prova pure a fuggire. Ma non serve a nulla: dopo aver ricevuto il Battesimo viene consacrato vescovo di Milano. «Tolto dai tribunali e dall’amministrazione pubblica — dirà il nuovo vescovo — per passare all’episcopato, ho dovuto cominciare a insegnare quello che non avevo mai imparato».
Comincia perciò a studiare le Scritture, poi passa ai Padri e ai Dottori della Chiesa. Tra i quali sarebbe finito anche lui assieme a un giovane retore e filosofo che dieci anni dopo gli sarebbe toccato battezzare: Agostino da Tagaste.
Ambrogio diventerà uno dei più grandi vescovi della storia della Chiesa. All’epoca era considerata quasi un secondo Papa, tanto per rendere un’idea della sua grandezza. In un momento poi dove certo non mancavano le grandi figure episcopali.
Ambrogio, piccolo e delicato nel fisico, si rivelerà un gigante dello spirito, capace anche di difendere i diritti della Chiesa e l’autorità dei suoi pastori davanti all’Imperatore. Per lui sono i vescovi a dover giudicare i laici, e non il contrario. E in prima fila, tra i laici, metteva proprio il vertice dell’impero di Roma: «L’Imperatore è nella Chiesa, non al disopra della Chiesa».
Una massima che Sant’Ambrogio applicherà proprio al grande – anche nell’intolleranza – Imperatore Teodosio. Quando Teodosio, dopo l’uccisione del comandante del presidio di Tessalonica, per rappresaglia fa strage – almeno così si disse – di 7000 abitanti
innocenti, Ambrogio non solo gli rimprovera l’eccidio. Di più: gli impone una penitenza pubblica. Alla quale Teodosio, malgrado le resistenze, dovrà piegarsi facendo penitenza da ottobre a Natale.
Un gesto significativo. Che ci ricorda che il potere non è un salvacondotto che può esonerare dalla legge morale, a cui tutti sono sottoposti. Un messaggio quanto mai attuale al giorno d’oggi.
O Signore che nell’elezione e nella vita del vescovo Ambrogio hai dato al tuo popolo un esempio della tua immensa misericordia e provvidenza, fa’ che per i meriti di Gesù Cristo un giorno siamo compagni di colui che ora veneriamo in terra.
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