Dotto studioso e professore di filosofia e diritto, il catalano Raimondo di Peñafort ardeva dal desiderio di portare Cristo al mondo.
Si ingegnerà in ogni modo per fornire ai missionari gli strumenti per comunicare con le genti alle quali annunciare la Buona Novella del Vangelo. Dopo aver indossato il saio bianco e nero dei frati domenicani, lascerà un’impronta vivissima nell’ordine fondato da San Domenico.
Raimondo di Peñafort nasce nel 1175 a Barcellona da una nobile famiglia. Fin da giovane si rivela dorato di grande intelligenza. Potrebbe benissimo concedersi una vita agiata e spensierata. Ma preferisce studiare codici e filosofi, accompagnando lo studio severo a una vita religiosa intensa e convinta.
A vent’anni già insegna filosofia a Barcellona. A trenta, fresco di laurea, insegna giurisprudenza a Bologna grazie a una borsa di studio del Comune, che però finisce tutta nella tasche dei poveri della città felsinea.
Comincia a diffondersi la fama della sua dottrina e della sua santità che un giorno giunge alle orecchie del vescovo di Barcellona, ospite a Bologna. Ammirato, il vescovo cerca di convincere Raimondo a tornare in patria. Il suo tentativo ha successo., e una volta rientrato a Barcellona Raimondo venne eletto canonico della cattedrale.
In quello stesso periodo l’amico Pietro Nolasco gli domanda di redigere le costituzioni dell’Ordine dei mercedari, allora in fase di partenza. Ma quando nel 1222 i domenicani aprono un convento a Barcellona Raimondo lascia tutto per entrare nell’ordine fondato da San Domenico.
Nell’ordine dei frati predicatori Raimondo fa presto carriera, anche se non certo per ambizione, anzi controvoglia, al punto di diventarne il terzo ministro generale. Assolve con zelo e amore la sua missione di servizio andando a visitare – a piedi – tutte le province domenicane.
Rassegna le dimissioni al capitolo generale da lui stesso convocato a Bologna. Una volta tornato frate semplice, affrancato dai compiti di comando, si dedica all’insegnamento. Non era certo la prima volta che rientrava nell’ombra, dopo aver portato a termine compiti importanti.
Era già successo qualche tempo prima, dopo la fondamentale collaborazione offerta a papa Gregorio IX nella stesura delle Decretali. Il papa desiderava ricambiare i suoi servigi con la nomina a arcivescovo di Tarragona. Ma Raimondo rifiuta – con cortesia e decisione al tempo stesso – quella nomina alla quale preferisce il silenzio e la povertà del suo convento.
Quando si dimette da superiore generale dell’Ordine Raimondo ha 70 anni. Ma non pensa affatto alla pensione. Fino alla fine dei suoi giorni si dedica alla conversione degli ebrei e dei musulmani. A Murcia fonda una scuola di ebraico, a Tunisi una di arabo, per fornire ai missionari gli indispensabili strumenti linguistici.
Giacomo di Aragona gli chiede di fargli da confessore. L’anziano domenicano accetta, ma quando occorre non manca di rimproverare al regnante la sua scandalosa condotta durante una spedizione all’isola di Maiorca.
Scriva anche volumi di teologia, morale, diritto, tra i quali la Summa de poenitentia, un vademecum per affrontare i casi di morale durante il sacramento della penitenza. Muore, quasi centenario, il 6 gennaio 1275 e viene canonizzato nel 1601.
Oh Dio, che hai scelto il beato Raimondo per fare di lui un ministro illustre del sacramento del battesimo, e che che gli hai fatto miracolosamente attraverso le acque del mare, concedi a noi, attraverso la sua intercessione, la grazia di produrre frutti di penitenza e di giungere un giorno al porto della salvezza eterna. Per Cristo Nostro Signore. Amen.
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