Il Beato di oggi può tranquillamente essere definito un «martire per il matrimonio», ucciso per aver difeso l’unicità e la santità del legame coniugale.
Pagò con la vita la sua coraggiosa difesa del matrimonio davanti al tentativo di ripristinare la poligamia nel 1945.
Pietro To Rot nasce nel 1912 a nell’isola di Rakunai – Rabau, l’attuale Papua Nuova Guinea (della quale è il primo beato martire). È il figlio di Angelo, autorevole e carismatico capotribù convertito al cattolicesimo, uno dei primi della sua terra oltre che protagonista dell’evangelizzazione di Papua Nuova Guinea. Anche mamma Maria è una cristiana fervente.
I genitori di Pietro infatti erano stati tra i primi abitanti dell’isola, allora appartenente all’arcipelago di Bismarck, colonia tedesca, a convertirsi dal paganesimo al cattolicesimo dopo che nel 1882 erano arrivati i missionari.
Dal padre Pietro eredita una personalità da leader nato, dalla mamma la sensibilità particolare per le cose della fede. Si pensa che possa avere la vocazione al sacerdozio, ma il padre lo indirizza verso un futuro come capo laico e catechista. Lui dimostra in fretta tutte le sue doti e la sua naturale leadership, oltre che una inclinazione per l’insegnamento. Diventa anche un grande conoscitore delle Scritture. Si rapporta con tutti e soprattutto rivela di avere grande ascendente sui giovani.
Testimone coraggioso davanti alla persecuzione
Ha 24 anni nel 1936 quando sposa la giovanissima Paula Varpit, con la quale condivide fede e ideali, progetti e impegno. La loro unione, alimentata dalla preghiera e dalla lettura quotidiana della Bibbia, viene coronata dalla nascita dei primi figli.
Padre amorevole, catechista impegnato, marito devoto. A queste virtù unisce cordialità, gentilezza e compassione che col tempo lo fanno amare da tutti. Si trova a dare la sua testimonianza in un periodo durissimo. Nel 1942 i giapponesi invadono l’isola e cacciano i missionari oppure li internano nei campi di concentramento. Tutte le cappelle cattoliche vengono distrutte.
Pietro, in quanto e indigeno e laico, viene inizialmente risparmiato dalle aggressioni dei giapponesi ai missionari occidentali. Si assume così la responsabilità della comunità cattolica del villaggio di Rakunai, rimasta senza sacerdote. Pietro nutre il suo spirito di Messa quotidiana e Santa Comunione, di visite frequenti al Santissimo. Questo gli dà la forza per continuare a istruire i fedeli e a visitare i malati. Assiste anche alla celebrazione dei matrimoni, custodisce l’Eucaristia.
Sa bene di rischiare molto, ma è incrollabile nella sua convinzione di dover «dare precedenza alle cose di Dio». I giapponesi iniziano a prenderlo sempre più di mira, avendo individuato in lui, unico punto di riferimento dei cattolici locali, il nemico da abbattere.
Coraggioso difensore del matrimonio, paga con la vita la sua testimonianza
Le cose precipitano quando Pietro si oppone, con la fermezza di un profeta biblico, alla poligamia che i giapponesi cercano di reintrodurre sull’isola. La sua difesa dell’unità e dell’indissolubilità del matrimonio cattolico sono senza sconti. Rimprovera anche il fratello per essersi preso una seconda moglie.
Pietro è consapevole che così facendo sta firmando la propria condanna a morte. Ma dice molto serenamente a tutti che «è bello morire per la fede». A Natale del 1944 i giapponesi lo arrestano e lo chiudono in un campo di concentramento.
Ogni tentativo di liberarlo va a vuoto. I giapponesi hanno fretta di liberarsi di lui e della sua scomoda – ai loro occhi – testimonianza evangelica. Condannato a due mesi di prigione, sta scontando da sei settimane la sua pena quando in una notte imprecisata del luglio 1945 un medico giapponese, accompagnato da due ufficiali, lo sopprime con un’iniezione letale mettendo fine alla vita di questo martire per la fede e per la difesa del matrimonio.
Beatificazione di un martire del matrimonio
Giovanni Paolo II, che lo ha beatificato il 17 gennaio 1995, lo ha indicato ai fedeli come «maestro della santità del matrimonio e della famiglia, che ha confermato la sua predicazione con il sangue».
«La morte del Beato Pietro è stata decisa soprattutto per la sua inflessibile difesa della dignità sacramentale del matrimonio», ha ricordato il pontefice polacco. Il Beato Pietro To Rot, continuava papa Wojtyla, era un «marito devoto che ha vissuto profeticamente il comando del Vangelo per cui gli sposi sono “sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo”».
Un testimone preziosissimo e da riscoprire assolutamente in un tempo in cui il sacramento del matrimonio è sotto attacco da tutte le parti.