La Chiesa oggi ricorda San Vincenzo Grossi, il sacerdote che viveva di preghiera e pregava con la sua vita.
Sacerdote zelante e attento ai bisogni di tutti, soprattutto dei più deboli, si è fatto «buon samaritano per i più bisognosi» (Papa Francesco).
Vincenzo Grossi, il fondatore dell’Istituto delle Figlie dell’Oratorio, nasce il 9 marzo 1845 a Pizzighettone, in provincia di Cremona, da Baldassarre Grossi e Maddalena Cappellini. È il nono figlio di un mugnaio.
Il piccolo Vincenzo cresce in un salutare “microclima” famigliare che favorisce in lui una crescita umana serena e armoniosa. I genitori col loro esempio gli trasmettono valori profondi quali la laboriosità, l’onestà, la fortezza. Ma l’eredità più preziosa di mamma e papà è la buona vita cristiana, che matura anche grazie all’inserimento nella comunità parrocchiale.
Di questo periodo il santo sacerdote era solito dire: «La scuola più bella è quella della mamma». Vincenzo è un fanciullo docile, incline a obbedire. L’incontro decisivo della sua vita, in questi primi anni, è quello con Gesù Eucaristia. A undici anni riceva la sua prima comunione e quel giorno segna per lui una svolta significativa verso una vita cristiana più consapevole e matura.
Diversi anni dopo, infatti, lui stesso confiderà: «Mi sono fermato il mio metodo di vita dopo la prima comunione e sono stato esatto nell’osservarlo. Il Signore benedice coloro che sono fedeli nell’osservare quello che promettono».
La missione da sacerdote
Nel 1869 si fa sacerdote. Don Vincenzo trascorre tutta la sua missione sacerdotale nell’ambiente rurale lombardo, dove erano realtà fin troppo frequenti l’estrema povertà, l’analfabetismo, le disuguaglianze sociali e le scandalose ingiustizie.
Fin dagli albori il prete imprime alla sua vita sacerdotale alcuni tratti che si sforzerà di mantenere sempre costanti: trascorre ore e ore nel Confessionale, senza mai stancarsi di educare le coscienze dei fedeli alle virtù cristiane. E soprattutto si alimenta di preghiera, penitenza e adorazione del Santissimo Sacramento. Non manca mai di aprire e chiudere tutte le sue giornate davanti al tabernacolo.
Anche le figlie dell’Istituto fondato dal sacerdote fanno lo stesso. È lui naturalmente a raccomandare loro di non tralasciare mai una vita di intensa preghiera. Tanto intensa che a don Vincenzo capita talvolta di dimenticarsi di mangiare, quando è assorto in preghiera.
Le sue giornate sono sempre piene di impegni e di affetto per ogni persona che incontra. Don Vincenzo è instancabile: gira per il paese, entra nelle case, si preoccupa delle sofferenze e dei problemi quotidiani della sua gente. Spesso va a visitare agli ammalati e passa del tempo coi bambini e i giovani che quasi sempre affollano la sua casa.
Vivere di preghiera e pregare con la vita
Chi lo ha conosciuto sostiene che don Vincenzo «viveva di preghiera e pregava con la vita». Muore il 17 novembre 1917 a causa di una peritonite. Prima di nascere al cielo dice «La via è aperta, bisogna andare».
Durante l’omelia della messa di canonizzazione, avvenuta il 18 ottobre 2015, papa Francesco ha detto: «San Vincenzo Grossi fu il parroco zelante, sempre attento ai bisogni della sua gente, specialmente alle fragilità dei giovani. Per tutti spezzò con ardore il pane della Parola e divenne buon samaritano per i più bisognosi».