Rapita da bambina e poi venduta a più mercanti di schiavi, da giovane patisce e subisce tante torture. Ma sarà l’incontro con un mercante italiano a cambiarle la vita. L’arrivo in Italia e l’inizio della conoscenza della fede in Cristo, la porteranno a chiedere anche il Battesimo.
Il suo diventare cristiana ed entrare a far parte delle Figlie della Carità, le daranno la possibilità di prodigarsi nell’aiutare tutti.
In questo ottavo giorno del mese di febbraio, la chiesa venera Santa Giuseppina Bakhita. Nasce intorno al 1869 in un piccolo villaggio del Sudan occidentale. All’età di sette anni, viene rapita da mercanti arabi di schiavi. Per il trauma subito, dimentica il proprio nome e quello dei propri familiari: i suoi rapitori la chiameranno “Bakhita”, che in arabo significa “fortunata”.
Venduta più volte dai mercanti di schiavi sui mercati di El Obeid e di Khartum, conosce le umiliazioni, le sofferenze fisiche e morali della schiavitù.
Nella capitale sudanese viene infine comprata dal console italiano residente in quella città, Callisto Legnani, con il proposito di renderle la libertà. Questo diplomatico già in precedenza aveva comprato bambini schiavi per restituirli alle loro famiglie. Nel caso di Bakhita ciò non è stato possibile per la distanza del villaggio di origine dalla capitale e per il vuoto di memoria della bambina. Nella casa del console Bakhita vive serenamente per due anni lavorando con gli altri domestici senza essere più considerata una schiava.
Quando nel 1884 il diplomatico italiano fugge dalla capitale in seguito alla guerra, Bakhita lo implora di non abbandonarla. Insieme, raggiungono prima il porto sul Mar Rosso, e dopo un mese si imbarcano alla volta di Genova.
In Italia Augusto Michieli, amico del console, prende con se Bakhita come bambinaia della figlia nella loro casa a Zianigo (frazione di Mirano). Dopo tre anni i coniugi Michieli si trasferirono in Africa a Suakin e lasciano temporaneamente Bakhita in affidamento presso l’Istituto dei Catecumeni in Venezia gestito dalle Figlie della Carità. Qui la giovane viene ospitata gratuitamente come catecumena e comincia a ricevere un’istruzione religiosa.
Nel convento, il 9 gennaio 1890 Bakhita riceve i sacramenti dell’iniziazione cristiana e con i nomi Giuseppina Margherita Fortunata. Il 7 dicembre 1893 entra nel noviziato dello stesso istituto e l’8 dicembre 1896 pronuncia i primi voti religiosi.
Nel 1902 è trasferita in un convento dell’ordine a Schio dove trascorre il resto della propria vita. Qui lavora come cuciniera, sagrestana, aiuto infermiera nel corso della Prima guerra mondiale.
A partire dal 1922 le viene assegnato l’incarico di portinaia, servizio che la mette in contatto con la popolazione locale che prese ad amare questa insolita suora di colore per i suoi modi gentili, la voce calma, il volto sempre sorridente: venne così ribattezzata “Madre Moréta”.
Dal 1939 comincia ad avere seri problemi di salute e non si allontana più da Schio. Muore l’8 febbraio 1947 dopo una lunga e dolorosa malattia.
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O Dio, Padre di misericordia,
che ci hai donato Giuseppina Bakhita quale sorella universale,
evangelico modello di fede semplice e di operosa carità,
dona anche a noi la volontà di credere e di amare
secondo il Vangelo, ed esaudisci le preghiere
di chiunque invoca la sua intercessione.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.
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