Un anno dopo la morte del piccolo Charlie Guard ci si chiede ancora se si sia trattato di accompagnamento terapeutico o di eutanasia di stato, una domanda che risuona nelle menti ancora più forte nel giorno in cui avrebbe compiuto due anni. Il 28 luglio del 2017 Charlie Guard avrebbe compiuto un anno ma come sappiamo non ci è mai arrivato per il dolore dei familiari, che a lungo avevano lottato per ottenere la chance di portare il figlio in un’altra struttura pediatrica per una cura sperimentale, e quello di tutti coloro i quali si erano spesi attivamente nella speranza che la corte britannica cambiasse idea. A ricordare quel tragico evento ci ha pensato oggi il Movimento per la Vita di Perugia, una delle associazioni più attive nel caso in specie, che all’epoca dei fatti aveva offerto assistenza ai coniugi Guard per far si che potessero trasferirlo in un’altra struttura e così avessero modo di accompagnarlo ad una morte naturale.
L’intento del comunicato è quello di non far dimenticare alle persone cosa è successo in quella occasione e cosa si è verificato per Isaiah Haastrup, Alfie Evans e Inès. Sebbene i casi dei quattro bambini siano molto diversi, solo Charlie e Isahia erano malati terminali per patologie differenti, tutti e quattro non erano in una situazione di morte imminente. Se Charlie per mesi, dopo la decisione del personale medico, si è visto negato la possibilità di ricevere una cura sperimentale, gli altri hanno semplicemente smesso di respirare dopo ore, giorni che i loro supporti vitali erano stati staccati.
Caso Charlie Guard: si tratta di eutanasia di stato?
Sfruttando le conclusioni dell’esperta di bioetica, la professoressa Morresi a riguardo, il Movimento per la vita di Perugia si chiede se questi casi in cui i tribunali si sostituiscono ai genitori in simili decisioni non possano essere considerati eutanasia di stato. A conclusione del comunicato infatti si legge: “Chi ha condiviso le decisioni di medici e giudici in questi casi, ritiene veramente che si tratti di morti ‘dignitose’? Eutanasia pediatrica o ‘best interest’ del bambino inguaribile? E che dire dei genitori costretti ad assistere i propri figli morire in questo modo?”. Domande che sono tese a smuovere le coscienze, a far riflettere e cui sarebbe giusto prestare attenzione, anche perché la legge sulle disposizioni anticipate di trattamento, sebbene offra meno libertà di manovra ai medici (poiché esclusivamente legata alle disposizioni del paziente), potrebbe essere un primo passo verso situazioni simili anche in Italia.
Luca Scapatello