Le provocazioni ostentate durante la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi 2024 a Parigi, sono un segno di forza o di debolezza da parte dei laicisti?
Ogni occasione è buona per deridere il cristianesimo, sia nella sua simbologia più eminentemente religiosa, sia nei suoi fondamenti antropologici. Le Olimpiadi di Parigi 2024, inaugurate venerdì scorso, non fanno eccezione.
La Francia sta diventando, negli ultimi anni, un autentico laboratorio di anti-cristianesimo a livello europeo. Si tratta una sorta di “rivoluzione istituzionale”, ben pilotata da governo e poteri forti, e indirizzata forse più oltreconfine, che non verso propri connazionali, ormai assuefatti, anche a livello di massa, a un laicismo, inteso come nuova religione.
Parigi anti cristiana: Olimpiadi 2024 blasfeme
Nel caso specifico dell’inaugurazione olimpica, che necessità c’era di allestire una parodia blasfema dell’Ultima Cena? Quale nesso con l’evento sportivo? Ciliegina sulla torta: la raffigurazione di Baal Moloch, che, nell’Antico Israele, richiamava a un culto oscuro, esoterico e satanico.
L’altro risvolto – meno esplicitamente religioso ma comunque profondamente sfidante e irridente – è stata l’ostentazione degli atleti transessuali. Questa performance ha sicuramente la funzione di mostrare come “normale” qualcosa che, come minimo, è profondamente controverso.
Un posizionamento che, tuttavia, presenta un tallone d’Achille: agli occhi di chi realmente ha a cuore le pari opportunità e i diritti delle donne, uomini che competono in gare femminili (risultando inevitabilmente vincenti per motivi genetici…) si rivelano profondamente offensivi e del buon senso e di tanti anni di lotte per l’emancipazione femminile.
Qualunque tipo di irrisione sia venuta fuori dalla cerimonia inaugurale olimpica, rimangono sullo sfondo due domande che, da parecchi anni, non trovano risposta. In primo luogo: per quale motivo, quando si tratta di mettere in piedi “provocazioni” contro una religione o una cultura, è sempre il cristianesimo a finire alla berlina?
Potremmo provare a immaginarci se uno spettacolo del genere avesse portato in scena una parodia dell’Islam o di Maometto. A dir la verità, una decina di anni orsono, ci aveva provato, Charlie Hebdo ma sappiamo come andò a finire…
Difficile immaginare, poi, in un contesto del genere, una presa in giro – anche “benevola” – ai danni di minoranze etniche o una qualche forma di larvata satira nei confronti delle stesse comunità Lgbt+. I colpevoli sarebbero stati individuati a velocità della luce, senza né processo, né contraddittorio, e la condanna sarebbe stata esemplare.
Ti insultano ma (forse), segretamente, ti ammirano
La problematica dell’anticristianesimo assurto a nuova religione di massa solleva però un altro interrogativo, ancor meno banale: Per quale motivo le nuove subculture laiciste non riescono mai a nascondere il loro bisogno vitale di offendere le culture “nemiche”?
È noto che, nella disputa delle idee, si può puntare tutto sulla bontà e validità del proprio punto di vista, tentando di dimostrarne la superiorità, l’efficacia e la convenienza.
Molti, però, tendono a privilegiare l’attacco all’avversario, che diventa così oggetto di denigrazione irredimibile. Questa tattica, nella maggior parte dei casi, viene messa in campo da chi, non riuscendo ad elevare se stesso, si ritrova costretto a demolire il proprio rivale.
Morale della favola: chi attacca il cristianesimo è essenzialmente perché si sente messo in difficoltà dalla forza di una tradizione che, da più di due millenni, resiste a tutte le aggressioni e a tutte le tempeste.
Si attaccano, quindi, la Chiesa, i Santi, Gesù, la Madonna, i Papi, i sacerdoti, i movimenti, sicuramente perché, i cristiani, per natura, sono avvezzi al perdono e all’indulgenza, quindi, non c’è timore di rappresaglie di rilievo. I nemici del cristianesimo, tuttavia, nella loro protervia, svelano anche implicitamente la forza del loro nemico, che – è legittimo pensarlo – segretamente ammirano.