Nota per il suo stile alimentare improntato da un forte afflato ascetico, Santa Caterina da Siena aveva un rapporto molto particolare con il cibo, ma c’è una pietanza che le viene dedicata per ricordare una sua grande virtù.
La breve vita di Santa Caterina da Siena, la cui memoria liturgica è il 29 aprile, è stata pienissima e ricca di eventi.
È stata la prima donna ad esser proclamata Dottore della Chiesa. Era una mistica che ha parlato con papi e con re, è stata ambasciatrice di un’importante missione di pace, e tutto questo è noto.
Ma di lei si sa anche che, come altri santi tra cui San Francesco da Paola, aveva una grande forza di volontà, e per motivi di carattere ascetico condusse una vita improntata all’estrema essenzialità in ambito alimentare.
Rinunce e privazioni erano una costante, ed erano tutti atti fatti con amore per elevare l’anima e dominare le passioni.
Si narra che fin dalla giovane età rinunciava alla carne, alimento che a quei tempi rappresentava il lusso, e spesso preferiva mortificare anche il suo desiderio di mangiare qualcosa di gustoso sostituendoli con cibi estremamente semplici.
Dalle sue biografie emerge, per esempio, che una volta era malata e aveva desiderato di mangiare un cibo che all’epoca si chiamava casciata, una specie di pizza con formaggio e uova.
Era un legittimo desiderio, niente di sbagliato, ma lei anche in quella circostanza preferì una crosta di pane per fare un sacrificio.
Il risultato fu che quel misero pane le sembrò più buono di quanto fosse in realtà e quindi in quella che era una rinuncia fu ricompesnata trovandone il gusto.
Di lei si sa che preferiva mangiare i cibi crudi invece che cotti, e al naturale, senza condimento.
Carne e pesce non erano completamente esclusi dalla sua dieta, ma li mangiava molto raramente, più che altro per sostenersi quando era malata.
Ovviamente faceva molti digiuni e il pane, che era l’alimento di cui si nutriva di più, era spesso vecchio, e veniva da lei ammorbidito nell’acqua.
Mangiava molto le erbe amare o le fave, i germogli di piante e faceva un solo pasto al giorno, e solo ogni tanto, quando era malata, si concedeva qualcosa in più, e un po’ di vino.
Era il cibo spirituale quello che le interessava e considerava quello materiale come strumento per esercitare il dominio sulle passioni e indirizzare la sua volontà a Dio.
Per questi motivi un cibo dedicato a lei non può che avere le caratteristiche della frugalità, dell’estrema essenzialità e del rigore.
Viene reso omaggio a Santa Caterina da Siena, infatti, con la torta salata di erbe amare.
Si tratta di una torta rustica con un ripieno di erbe dal sapore amaro.
Questa ricetta però è adattata ai gusti contemporanei per mantenere comunque piacevolezza e un buon sapore.
Si compone di una base di frolla salata fa da guscio ad una farcitura di spinaci, bietole o cicoria.
E in questo caso un pò di formaggio Pecorino e di noce moscata contribuiscono ad aromatizzare le erbe e ad alleggerirle del loro rigoroso retrogusto per un piatto che è facile da realizzare e molto primaverile. Ecco come prepararlo.
Per la pasta frolla salata:
Per la farcitura:
Procedimento
Innanzitutto bisogna preparare la base di pasta frolla all’olio. In una ciotola versare la farina, il bicarbonato e l’olio.
Impastare finché diventa omogeneo e liscio e poi metterlo a riposare per un’ora in frigorifero.
Nel frattempo sbollentare per pochi minuti le verdure in acqua. Poi fare un soffritto con olio e gli spicchi d’aglio e aggiungere le verdure.
Una volta che avranno preso sapore e si saranno ammorbidite lasciarle leggermente raffreddare e aggiungere il formaggio pecorino a scaglie.
Aromatizzare con la noce moscata, il sale e una punta di pepe nero.
Quindi, stendere la pasta in uno stampo dai bordi alti rivestito da carta da forno, riempire con la farcitura, portare i bordi della pasta verso l’interno e infornare.
Lasciar cuocere in forno preriscaldato statico a 180° per 1 ora circa.
Anche il procedimento come il contenuto di questa pietanza è molto semplice e basilare.
Ci vogliono pochi passaggi per preparare questa torta salata che, pur dandoci un gusto a cui Santa Caterina rinunciava, ce la ricorda per il rigore e la forza che da questo ne scaturiva.
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