Arriva l’epilogo del processo partito dopo il tragico omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, ucciso a Roma il 26 luglio 2019.
I pm sono quindi arrivati a chiedere per i due americani una pena molto severa ma giusta in proporzione all’efferato delitto commesso a un uomo, un padre di famiglia con la vocazione alla difesa del prossimo, ma anche allo stesso tempo a un rappresentante dello Stato italiano e delle sue istituzioni.
La richiesta della pm Maria Sabina Calabretta per Finnegan Lee Elder e Cristian Gabriel Natale Hjort, questi i nomi dei due giovani che sono anche rei confessi dell’omicidio, è stata quella dell’ergastolo con isolamento diurno.
L’accusa ha infatti parlato di un “delitto efferato, commesso con il contributo di entrambi e la consapevolezza piena di entrambi“. Durante il processo si è quindi ricostruita la tragica fine di un servitore dello Stato, morto solamente per mano dei suoi assassini.
I due giovani, infatti, secondo il magistrato Mario Sabina Calabretta, “avevano chiari intenti omicidi”. All’inizio di una requisitoria durata circa quattro ore, il pm ha ricordato i “fatti gravi” e la “grave ingiustizia che è stata commessa contro un uomo buono, che stava lavorando” nel corso della colluttazione del quartiere Prati. Si è trattato di “una aggressione, un attacco sproporzionato e micidiale: una azione univoca per uccidere, la finalità era uccidere”.
In sostanza il carabiniere anche se avesse avuto con sé un’arma avrebbe potuto poco di fronte all’azione del giovane americano che era unicamente intenzionato ad uccidere. Quella dell’americano non fu di certo quindi, come si era provato a fare circolare anche se solo per pochi istanti, una legittima difesa.
Al contrario, entrambi gli imputati si erano recati all’incontro in questione con una preparazione minuziosa. “Entrambi gli imputati sono andati all’incontro preparandosi, erano pronti a tutto anche allo scontro fisico per raggiungere il loro obiettivo”, ha infatti spiegato l’accusa nel motivare la sua richiesta di condanna.
Così si svolse il tentativo dei due di comprare della cocaina a Trastevere, avvenuto due anni fa, a cui ha fatto seguito il furto dello del “facilitatore” dei pusher Sergio Brugiatelli. Da questa “trattativa” si è giunti all’accoltellamento del carabiniere, che non aveva conoscenza pregressa del pusher.
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In seguito ci fu la fuga dei due americani nell’albergo, nella zona Prati, dove alloggiavano da alcuni giorni, a cui hanno fatto seguito le telefonate con Brugiatelli per organizzare la riconsegna del cellulare e dello zaino.
In tutto ciò, ha concluso il pm Calabretta, “i carabinieri si sono qualificati, hanno mostrato il tesserino ed erano in servizio: si sono avvicinati frontalmente, non alle spalle. Cerciello non è stato ammazzato con una coltellata ma con undici fendenti. La giovane età degli imputati e il fatto che siano incensurati non tolgono gravità ai fatti”.
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La pm, che oggi aveva accanto la procuratrice aggiunta Nunzia D’Elia, ha infatti sottolineato anche la figura del carabiniere scomparso. “Era un uomo buono, un carabiniere di cui tutti hanno parlato, è stato ucciso in maniera particolare. Un uomo che lavora e due giovani uomini, che vogliono passare la serata come possono. Lo ha detto anche Elder, cercavano cocaina”, ha spiegato il magistrato.
Ora i due dovranno scontare il carcere a vita. Preghiamo per l’anima del carabiniere defunto che ora che si trova in cielo ha avuto anche giustizia terrena. I due americani avranno molto tempo per ricondursi alla giustizia del cielo, nel frattempo dovranno rendere conto del dolore che hanno inferto alla famiglia del giovane carabiniere.
Giovanni Bernardi
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