Il Credo, nella versione ancora oggi recitata durante la celebrazione della Santa Messa, ha origini ben salde nella storia meno recente del cristianesimo. Dobbiamo fare un tuffo nei primissimi anni del Medioevo per comprendere come la prima versione di questa preghiera è divenuta quella che oggi conosciamo.
Quella di cui in questa sede si vuole parlare è la versione più recente, dunque più conosciuta nell’immaginario collettivo, di una delle preghiere più intense e significative della storia del cristianesimo: il Credo. Nello specifico, quello ancora oggi recitato durante le celebrazioni delle Sante Messe, è il Credo Niceano, che si distingue per alcuni aspetti da quello originario, definito Credo Apostolico. La primissima versione di questa preghiera, per l’appunto la versione Apostolica, prende il nome da coloro ai quali la tradizione attribuisce la prima proclamazione. Stiamo quindi parlando di un periodo racchiuso tra II e III secolo d.C, il cosiddetto periodo, per quanto riguarda la diffusione della religione cristiana, della “tradizione apostolica”. Quella, non è però la versione oggi più conosciuta della preghiera. Per quella, dobbiamo aspettare il IV secolo, periodo in cui al comando dell’Impero vi era una figura dal grande carisma e dalla forte fede in Cristo: Costantino.
Correva l’anno 325 d.C. Nel pieno del IV secolo, l’Imperatore Costantino (proprio colui che ebbe in sogno la croce di Cristo accompagnata dalla scritta “In Hoc Signo Vinces”, ovvero “Sotto questo segno vincerai) convocava il primo Concilio Ecumenico della storia. Il Concilio di Nicea. Le motivazioni per le quali questo concilio venne convocato erano diverse, ma tutte riconducibili a una causa: difendere l’unità del Cristianesimo. Ebbene sì, in quell’occasione si parlò proprio della difesa della Cristianità, messa in difficoltà dalle dottrine di Ario. La dottrina da lui sostenuta considerava la figura di Cristo come inferiore al Padre. A seguito di queste difficoltà teologiche, la Chiesa seppe rispondere in modo chiaro e deciso. Nacque il Credo, una preghiera che richiamava quella originaria Apostolica, ma che dava delle definizioni più dettagliate.
Il Concilio definì, in tal senso, la figura stessa di Cristo, come “consubstantialis Patri”, ovvero come una figura della stessa essenza, della stessa sostanza di Dio Padre. In tal modo, si riconosceva una volta per tutte la piena uguaglianza di Gesù, per l’appunto della stessa sostanza del Padre. Se si vuole essere ancora più precisi, è bene parlare di “Credo Niceano-Costantinopolitano”. Questo perché nel successivo Concilio, che ebbe luogo a Costantinopoli nel 381, vennero confermate queste verità di fede e anche ampliate. Quest’ultimo Concilio, infatti, aggiunse la formula e la sezione dello Spirito Santo, che, come ancora oggi recitiamo, “è il Signore e da la vita”.
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