Dopo la morte del runner trentino per l’aggressione dell’orsa è aperta polemica tra diverse sensibilità che si scontrano e pongono non poche riflessioni.
La notizia è ormai tristemente nota: lo scorso 5 aprile, il ventiseienne Andrea Papi, giovane sportivo abitante di Caldes in Val di Sole, è stato vittima dell’attacco da parte di un’orsa che gli è costato la vita.
Il ragazzo era andato a fare una sessione di corsa nei boschi adiacenti alla sua abitazione quando, secondo le ricostruzioni, verosimilmente svoltando in una curva ha incontrato il plantigrado che lo ha aggredito ferendolo mortalmente.
Dopo le accurate indagini da parte della Provincia Autonoma di Trento si è arrivati all’identificazione dell’animale che a seguito dell’esame del Dna è stato identificato in JJ4, un’esemplare femmina di 17 anni, madre di 3 cuccioli.
Il progetto Life Ursus e gli sviluppi
Gli orsi erano stati reintrodotti in Trentino all’interno del progetto “Life Ursus” avviato alla fine degli anni 90 con l’obiettivo di produrre una popolazione vitale che avrebbe dovuto raggiungere un numero tra i 40-60 esemplari che, si ipotizzava, avrebbero dovuto naturalmente disperdersi in tutto l’arco alpino.
Ma così non è stato. Neanche gli esperti conoscono le effettive motivazioni, ma gli orsi sono rimasti stanziali sul territorio, hanno continuato a riprodursi e ad oggi sono presenti in circa 120.
Uno sviluppo forse inatteso, comunque risultato pericoloso per gli abitanti della zona che si trovano a dover convivere con una situazione di difficoltà, che con fondato motivo genera paura.
C’è da considerare infatti che in alcune località, come quella in cui è avvenuta l’aggressione, i centri abitati sono a stretto contatto con il bosco, non possono esistere delimitazioni e misure di sicurezza tali da evitare gli incontri con i plantigradi.
Gli avvistamenti di orsi, in particolare quelli definiti problematici perché più pericolosi, a detta degli studiosi, anche per caratteristiche genetiche, sono numerosi e sempre crescenti e nelle zone ad uso umano come strade, piste ciclabili e nei pressi di abitazioni.
La pericolosità di JJ4
L’orsa che ha ucciso Andrea Papi, aveva già aggredito due persone, un padre e suo figlio nel giugno 2020 nei pressi del monte Peller, e a seguito di quell’episodio la Provincia Autonoma di Trento aveva ordinato l’abbattimento.
Provvedimento previsto anche dal PACOBACE, il piano d’azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno nelle Alpi centro-orientali inserito all’interno del progetto Life Ursus, in caso di attacco all’uomo.
Polemiche e diverse sensibilità a confronto
Feroci sono divampate le polemiche dopo il provvedimento di cattura e abbattimento anche in questo caso prontamente avanzato dalla PAT a tutela e difesa della popolazione reputando l’animale “pericoloso per l’incolumità e la sicurezza pubblica”.
Associazioni animaliste hanno fatto ricorso al TAR di Trento che ha sentenziato la sospensione dell’abbattimento consentendo solo la cattura, avvenuta poi due notti fa.
Ha toni forti ed esasperati il divario che si è creato tra due diversi modi di affrontare il problema e questo ha scatenato l’opinione pubblica divisa sulla questione.
Da una parte c’è chi pensa che bisogna prima di tutto difendere le persone, la vita fisica innanzitutto, considerando il valore dell’essere umano superiore a quello degli animali, che pure meritano rispetto e amore.
Si considera anche, tra le questioni importanti, la salvaguardia del bestiame domestico e di allevamento, oggetto a sua volta di innumerevoli episodi di attacco, e il turismo, che di conseguenza potrebbe o forse sta già subendo delle ripercussioni.
Ma c’è anche chi osteggia questa posizione in diversi modi. Si minimizza il reale pericolo o si antropomorfizzano gli animali attribuendogli così pari diritti, come quello alla vita, che spettano all’uomo.
L’essere umano immagine di Dio, l’animale creatura
Un punto focale da cui scaturiscono delle riflessioni è soprattutto l’antropomorfizzazione degli animali che viene diffusamente fatta.
Eliminando quasi ogni distinzione tra esseri umani ed animali, questi vengono considerati soggetti di diritti, ma non essendo soggetti morali come le persone, di conseguenza non lo sono.
Gli animali sono esseri viventi, senzienti, creature di Dio e per questo è doveroso avere verso di loro il massimo riguardo, una immensa benevolenza e nessuna crudeltà.
Noi esseri umani invece, abbiano un’anima che è razionale e spirituale, siamo fatti “a immagine e somiglianza di Dio”.
Sappiamo da Genesi 1, 26 “E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra»”.
Dominare sugli animali vuol dire anche pensare al loro bene. Ad esempio per un orso, come sostengono zoologi ed esperti del comportamento animale, la vita in cattività è fonte di enorme sofferenza.
Abbattere un orso invece che tenerlo vivo ma inevitabilmente confinato perché pericoloso può essere un’azione benevola nei suoi confronti.
Chi è l’uomo, chi è l’animale?
L’antropomorfizzazione degli animali e la strenua difesa della loro vita fisica spesso contrasta con la mancanza dello stesso atteggiamento per quel che riguarda la vita umana.
Vediamo battaglie anche mediatiche per la tutela della maternità animale, con grande struggimento per cuccioli strappati alla mamma, ma al tempo stesso approvazione per aborto o utero in affitto, manipolazione della vita, prodotta in laboratorio come fosse oggetto.
Si tratta di un contrasto generato dalla confusione che più di tutto avvolge la nostra epoca, riguardo la verità sull’uomo.
Chi è l’essere umano, cosa lo rende degno, e soprattutto, da dove viene, dove va?
Sono quelle domande esistenziali che viene spontaneo porsi ma che troppo spesso vengono a mancare nella nostra società annebbiata.
Ma portano a Dio, rendono pienamente vissuta la nostra umanità e quindi ci conducono al vero bene, nostro e di tutto il Creato.