Oggi vi portiamo la testimonianza di come la fede possa condurre alla vittoria nonostante tutto il mondo vi sia avverso. Agli inizi del XX secolo, il governo messicano ingaggiò una dura repressione nei confronti dei fedeli cattolici, in quei giorni si pensava che la violenza potesse essere sufficiente a schiacciare l’animo e la fede di milioni di credenti, ma grazie ad alcuni uomini disposti a sacrificarsi per la propria fede tutta questa violenza non fece altro che consolidare la religione cattolica.
In quella che viene comunemente definita la “Guerra Cristera” la figura che più di tutte emerge è sicuramente quella del sacerdote gesuita Miguel Augustin Pro, fucilato in pubblica piazza per il solo “Crimine” di essere cristiano. Data la sua influenza sulle masse, il Governo messicano pensò bene di utilizzarlo come monito per tutti coloro che lo seguivano, perciò decisero che la sua esecuzione sarebbe stata il più possibile umiliante, ma quello scempio e quella crudeltà futile ottennero solo l’effetto opposto.
Di quella esecuzione scrive in un libro intitolato ‘The Catholic Martyrs of The Twentieth Century’, Robert Royal. Egli fa presente come si trattasse del primo tentativo di utilizzare i media per influenzare l’opinione pubblica contro la religione: “Pro venne fucilato da un plotone di fronte agli obiettivi dei giornalisti che il Governo aveva portato sul posto per registrare quello che sperava fosse lo spettacolo toccante di un sacerdote che implorava misericordia. Fu uno dei primi tentativi moderni di usare i media per manipolare l’opinione pubblica con propositi antireligiosi“.
Il tentativo, in teoria devastante, si ritorse contro il governo, il Sacerdote, infatti, invece di implorare perdono, dimostrarsi debole e rinunciare alla propria fede, mostrò ai fedeli e agli spettatori un coraggio ammirevole, dettato da una fede che in lui era granitica: “Dopo alcuni minuti di preghiera si alzò, allargò le braccia a formare una croce – una tradizionale posizione di preghiera messicana – e con voce ferma, con un tono né di sfida né disperato, pronunciò in modo toccante delle parole che da allora sono diventate famose: ‘Viva Cristo Re!’. Lungi dall’essere un trionfo della propaganda per il Governo, le fotografie dell’esecuzione di Pro divennero oggetto di devozione cattolica in Messico e di imbarazzo per il Governo in tutto il mondo”.
Anni dopo l’ingegnere Jorge Núñez Prida raccontò di essere andato in visita nel carcere in cui era stato imprigionato il Sacerdote e di avergli chiesto come si sarebbe comportato se il governo avesse deciso di condannarlo a morte. Questo gli rispose che avrebbe fatto solo tre cose di fronte al plotone: si sarebbe inginocchiato in segno di contrizione, avrebbe allargato le braccia per formare una croce e prima di essere colpito avrebbe gridato: “Viva Cristo Re!”, ciò dimostra come fosse un uomo di parola ed anche come fosse guidato dallo Spirito Santo.