Com’è Dio? Una delle domande più frequenti che l’essere umano si pone durante la sua vita. Questa domanda è alla base di ogni religione, certo, ma che è anche alla base della formazione di ogni essere umano, poiché chiunque, anche colui che ha scelto la via dell’ateismo, si è chiesto come potesse essere Dio.
La nostra visione di Dio, quella donataci dagli Scritti Sacri, è quella di un essere supremo che non cerca in noi la perfezione, che non ci vuole diversi da come ci ha creato e che non ci spinge a giudicare o a crederci superiori agli altri. Il nostro è un Dio d’amore, un padre che ci accompagna durante il nostro cammino, che ci ascolta nel momento del bisogno, che ci sorregge attraverso lo spirito santo quando cadiamo e ci perdona ogni qualvolta comprendiamo i nostri errori.
Proprio nella visione di questo Dio benevolo, il cui unico intento è quello di regalarci la vita eterna che risiede il successo del Cristianesimo. Di questo avviso è anche Padre Carlos Padilla che in una bellissima lettera dedicata al Signore spiega la nascita della sua devozione, un percorso che si rinnova e lo stupisce ogni anno e ogni giorno della sua vita: “Ogni anno celebro il mistero della Trinità. Mi soffermo ad adorare il Dio Trino. Tre persone. Un unico Dio. Un Dio che si fa storia nella vita dell’uomo. Che si fa carne. Che si dona nella forza dello Spirito. Un Dio Padre misericordioso. Un Dio che è Dio della mia storia personale”.
La visione che Padre Padilla ha del Signore è la stessa che ha più volte divulgato Papa Francesco, il quale ci esorta a ricordare Dio come un Padre benevolo, una guida e per tanto ci invita a costruire un rapporto con lui: “Questa è la grande rivoluzione che il cristianesimo imprime nella psicologia religiosa dell’uomo. ll mistero di un Dio non ci schiaccia, non ci angoscia, non ci fa sentire piccoli, non ci schiaccia. È una rivoluzione! Gesù ci rivela che Dio è un Padre buono”.
Le parole del Santo Padre hanno illuminato il percorso di questo sacerdote che oggi si dichiara credente in un Dio differente da quello a cui credeva in principio: “Oggi guardo Dio come Padre. Non come un Dio lontano, onnipotente e invisibile. Non come un Dio giustiziere che mi richiede la perfezione. Non come quel Dio che aspetta alla fine della mia vita che renda i talenti che mi ha affidato e sia all’altezza che ci si aspetta da me. Non credo in quel Dio esigente che cerca solo la mia perfezione, che gli presenti il colletto bianco della mia camicia senza macchie, senza cadute”.
Ciò che permette al sacerdote di vedere Dio in quel modo è proprio il sacrificio di Cristo, la sua misericordia è ciò che permette ai fedeli di credere a tutte le promesse che il messia ha fatto. Certo i dubbi permangono, ci sono momenti in cui non ci si sente all’altezza del percorso tracciato, ma è Dio stesso che invita a pentirsi, a parlare dei propri sbagli per andare avanti e perfezionarsi. Proprio la consapevolezza dell’infinita misericordia è ciò che lo rende incommensurabile e che ci sprona a rialzarci quando cadiamo, come dice lo stesso Padre Padilla: “Quando cado e mi rialzo a fatica, Egli viene a sollevarmi tra le lacrime. Le sue e le mie. Il suo amore mi raccoglie quando sono ferito. Quello sguardo allegro e positivo sulla mia vita mi dà la forza di credere di più in me. Di tornare a lottare per dare la vita. Perché mi ha amato come sono e confida in me. In tutto quello che posso fare se confido nel suo potere e non nelle mie forze”.