Quando poi ricevette le stimmate, tutto si intensificò e i pellegrini che si recavano nel luogo in cui risiedeva per incontrarlo divennero interminabili.
Così, il Mattino di Napoli, il 20 Giugno del 1919, cominciava a parlare dei miracoli attribuiti a quel Frate Cappuccino.
Il giornalista Renato Trevisani scriveva: “sono stato testimone oculare, e insieme a me possono far fede il procuratore del Re, del Tribunale di Lucera dottor Alessandro Mione, il consigliere della Prefettura di Sanseverino, dottor Angelo Dello Russo, il dottor Giura, il vice pretore Nicola Siena e il segretario dell Regia Procura Luigi Trevisano”.
Parlavano di un uomo di nome Pasquale Di Chiara, cancelliere della Pretura di San Giovanni Rotondo.
Aveva solo 36 anni, ma una a causa di una brutta caduta, non riusciva più a camminare come prima e si aiutava con un bastone.
Pasquale di Chiara raccontò: “L’11 novembre 1918, in occasione della conclusione dell’armistizio, fu tenuta una piccola festa all’albergo Sicilia. Scendendo dall’albergo, io caddi rovinosamente. Dopo essere stato tre mesi a letto, curato dai dottori Merla e Giuva, fui costretto a camminare col bastone, trascinando la gamba e non potendo resistere a un lungo cammino. A Foggia, il dottor Bucci mi sottopose a visita radioscopica, riscontrando la slogatura”.
Pasquale di Chiara si era recato a San Giovanni Rotondo, la prima volta, per chiedere preghiere per la sua bambina malata.
In seguito, quell’uomo incontrò nuovamente Padre Pio: “Trascorse un’ora quando passò nuovamente padre Pio. Si fermò davanti a me e disse, con gli occhi rivolti altrove, una frase, della quale io non sentii che la parola “bastone”. I miei amici, Michele Campanile e Benedetto Ventrella, mi spiegarono che padre Pio aveva detto: “Getta il bastone!”.
Al secondo invito del frate, gettai il bastone, ma mi appoggiai al muro. “Uomo di poca fede, vattene e cammina”, mi disse il frate. Io sentii un forte calore al piede, che in breve si propagò per tutta la mia persona, e ora cammino bene, senza bisogno di alcun aiuto”.
Antonella Sanicanti
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