La Cina è senza dubbio il Paese che perseguita di più la libertà di informazione. Un triste dato di realtà cresciuto in maniera considerevole con la pandemia.
Di 117 giornalisti arrestati nel mondo, 117 sono infatti proprio in Cina. Un dato di una gravità assoluta che però riguarda il mondo intero. Nel caso infatti del Coronavirus, esploso a Wuhan, se il Regime avesse censurato fin da subito ogni informazioni, il mondo non conoscerebbe ancora l’origine del virus che ha messo in ginocchio l’intero Pianeta.
Con conseguenze che avrebbero potuto essere ancora più gravi di oggi. Al contrario, se fin dal primo momento si fosse messo chiaramente in luce cosa stava accedendo, forse ci sarebbe stato il tempo necessario per prendere tutte le dovute precauzioni ed evitare la sciagura della pandemia.
Da giorni si spiega che la Cina diventerà presto la prima economia al mondo, superando anche gli Stati Uniti. Si presume che ciò accada già nel 2028. Dall’altro lato, però, fa rabbrividire la violazione costante dei diritti umani che avviene all’interno del Paese. L’ultima preoccupante notizia riguarda Zhang Zhan, avvocato cinese di 37 anni che dovrà passare in carcere quattro anni per aver cercato di dire la verità sull’esplosione del Coronavirus.
La donna, che a febbraio a maggio ha svolto il lavoro di giornalista in Cina per raccontare l’epidemia di Coronavirus partita da Wuhan, ora è in in sciopero della fame da settembre. Dopo essere stata torturata in cella, a Shanghai, mentre era detenuta senza processo. Zhang ha infatti pubblicando 122 video, e la condanna che ha ricevuto è motivata dall’accusa di avere “turbato la stabilità sociale e creato problemi di ordine pubblico”.
I giudici della Corte distrettuale di Pudong le hanno infatti imputato il reato di avere diffuso “false informazioni” con “articoli, video e altri mezzi su internet e piattaforme come Wechat, Twitter e Youtube”. La donna, fortemente debilitata, ha dovuto assistere al verdetto su una sedia a rotelle. Il suo sciopero della fame, in segno di protesta, è stato interrotto dopo che le guardie hanno cominciato a nutrirla con forza tramite un sondino. Legandola mani e piedi a letto per evitare che si strappasse i tubi.
Tuttavia, l’attenzione dei media verso la tragica vicenda della donna è quasi inesistente. Quasi nessun giornale italiano, ad esempio, ha riportato la notizia. Di fatto, insieme a lei sono molti i giornalisti detenuti e scomparsi all’improvviso. E mai più trovati, dopo avere documentato quanto stesse accadendo in Cina, in relazione allo scoppio del Coronavirus. Tra questi, Chen Qiushi, detenuto a gennaio e ricomparso a settembre, attualmente sotto sorveglianza governativa a Qingdao.
Il suo collega Li Zehua si era recato a Wuhan per rintracciarlo, dopo la sua scomparsa. Anche lui è stato arrestato a febbraio e rilasciato ad aprile. Diversa la sorte di Fang Bin, letteralmente scomparso dai radar. L’allarme è stato lanciato da una scrittrice di Wuhan, Fang Fang, riportato in Italia dal settimanale Tempi: “A rattristarmi più di tutto è il futuro della Cina”, scrive la donna.
“Non so se si ritornerà alla Rivoluzione culturale, se il controllo della libertà di espressione diventerà ancora più soffocante, se il paese in cui vivo andrà nella direzione opposta rispetto a una società civilizzata. Quando ho visto tutte quelle minacce malvagie dirette contro di me ho capito che l’agio e la pace che mi aspettavo erano finiti”.
Zhang Zhan decise tuttavia di raccontare al mondo che cosa stava succedendo, incappando nella persecuzione istantanea da parte della polizia cinese.
Giovanni Bernardi
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