C’è una voglia sempre più pressante in questo tempo di difficoltà, di uscire da uno stato negativo, a lanciare l’allarme è Mons. Delpini
Monsignor Delpini, Arcivescovo di Milano – photo web sourceMonsignor Delpini, in un’intervista, ha detto parole chiare e forti: l’umanità ha bisogno di parole belle e non solo quelle che portino alla mente “virus e pandemia”. Un accorato invito a ciascuno di noi: è giusto informarsi su ciò che accade, ma è anche vero che abbiamo bisogno di sentirci “raccontare anche altro”.
Oggi viviamo con la paura del Covid intorno a noi da più di un anno. Ogni giorno, ad ogni ora che accendiamo la tv, guardiamo sui social, leggiamo un giornale, tutto ci parla della pandemia, dei contagi, di persone che perdono la vita a causa di questa malattia, dei vaccini che non arrivano…insomma: siamo sommersi di notizie che non fanno altro che mettere angoscia su angoscia.
Questo ci fa diventare ancora più tristi, più “paurosi” e questa paura si riflette sul nostro animo, sul nostro modo di essere. Stiamo diventando diffidenti, come se chiunque accanto a noi possa, da un momento all’altro, essere o diventare “il possibile untore”, colui che ci contagerà.
Abbiamo paura dei luoghi chiusi, anche di andare in chiesa, senza sapere che, sì, i luoghi chiusi ci sono, ma basta rispettare la distanza di sicurezza, usare la mascherina sempre, lavarsi le mani e in quel luogo chiuso (in chiesa in primis) ci si può entrare.
Non abbiamo più orecchie per le cose belle, per quelle notizie che ci fanno gioire il cuore. Siamo sopraffatti da tutt’altro. E di questo se ne è pienamente accorto (non solo lui, ma come lui tanto altri) Monsignor Delpini, Arcivescovo di Milano.
In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il Vescovo ha lanciato un vero e proprio appello: “Se il virus occupa tutti i discorsi, non si riesce più a parlare di altro. Quando diremo le parole belle, buone, che svelano il senso delle cose? Se il tempo è tutto dedicato alle cautele, a inseguire le informazioni, quando troveremo il tempo per pensare, per pregare, per coltivare gli affetti e praticare la carità?”.
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Parole decise, che non si fermano qui: “Se l’animo è occupato dalla paura e agitato, dove troverà dimora la speranza? Se uomini e donne vivono senza riconoscere di essere creature di Dio, amate e salvate, come sarà possibile che la vicenda umana diventi “divina commedia”?” – conclude.
Accanto alle medicine vere e propria, ne abbiamo bisogno di un’altra, forse la più potente che ci sia: la speranza. Ma, come ha detto il Vescovo Delpini, se il nostro cuore è occupato da altre cose, dove mai andrà a finire la speranza?
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ROSALIA GIGLIANO
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