Muore a causa di una brutta malattia, ma questo non mina affatto la sua fede anzi lascia un’eredità spirituale preziosa.
Una ragazza dalla vita breve ma intensa. Era il 1978 quando un’epatite virale fulminante strappò Paola ai suoi familiari e ai suoi amici. Una vita vissuta sempre con amore verso Dio e verso i fratelli. E, presto, potrebbe diventare Beata.
La storia di Paola Adamo, morta a soli 14 anni, non è nota a tutti. Ma era una giovanissima che non si era mai sottratta a vivere con impegno i suoi doveri verso Dio e verso i fratelli. Nata a Napoli nel 1963, si trasferisce poi a Taranto insieme ai suoi genitori, entrambi architetti.
Salesiani Cooperatori e catechisti erano Claudio e Lucia, la sua mamma ed il suo papà. Paola ricevette la Prima Comunione nella parrocchia di San Giovanni Bosco a Taranto, parrocchia progettata dal suo papà e dove la stessa ragazza si formò.
Paola era una ragazza spensierata come tutte le altre e viveva la sua vita di adolescente in modo retto, prediligendo, però, la compagnia di ragazze un po’ emarginate dal resto della classe. Era una giovane sensibile ed attenta, scriveva, nel suo diario segreto, pensieri molto profondi già all’età di 9 anni e, ogni sera, leggeva una pagina della biografia di san Giovanni Bosco, dopo aver fatto un esame di coscienza molto attento e scrupoloso, della sua giornata.
Una mattina di giugno 1978, Paola chiese ai genitori il permesso di non andare a scuola: diceva di avere un dolore al fianco destro. La madre acconsentì. La sera del 9 giugno, la giovane iniziò a sentire freddo e, i suoi, notarono che aveva la febbre. Ciò nonostante, partirono ugualmente per Napoli, dove avrebbero dovuto trascorrere le vacanze.
Una volta tornata a casa, la sua situazione non migliorò: venerdì 23 giugno 1978 fu ricoverata in clinica. Il medico diagnosticò un’epatite virale, malattia che Paola aveva già avuto da bambina. Il giorno dopo la diagnosi fu confermata, ma la ragazza era ormai in stato pre-comatoso. La sera del 25 giugno venne ricoverata all’ospedale Cotugno di Napoli.
“Papà, perché siamo a Napoli? Papà, cosa ho di grave? Papà, ma quando guarirò? … ma guarirò? Papà aiutami!” – chiedeva.
Il 28 giugno era ormai grave: aveva un’epatite virale fulminante. Il padre cercò ugualmente di consolarla: “Coraggio, Paola, vinceremo”. Lei, però, rispose: “No, papà, abbiamo perduto!”. Fu portata in rianimazione, mentre i genitori aspettavano pregando. Qualcuno li raggiunse, in lacrime: “Paola non soffre più, è in pace. Da Dio”.
Una storia che ha commosso tutti, ma che ha rivelato anche il grande cuore e la fede di questa giovane ragazza. E sarà proprio a Taranto, città dove Paola è sepolta nella cappella di famiglia, che si insedierà il Tribunale diocesano per la sua causa di beatificazione e canonizzazione, già introdotta l’8 settembre 2018 con l’editto dell’arcivescovo Santoro.
“Se Dio è la sorgente di tutte le cose, solo Lui ci potrà fare davvero felici” – scriveva Paola nei suoi pensieri. “La sua esperienza fa pensare a quella santità della porta accanto di cui parla papa Francesco: era una ragazza contro gli stereotipi e il bullismo. Da molti dei suoi scritti, raccolti con pazienza certosina dalla mamma, emergono punti teologici interessanti e di grande profondità” – dichiara il postulatore, don Martino Mastrovito.
Oggi sono tante le testimonianze, le preghiere, i documenti sulla sua fama di santità. Una giovane che, con la sua vita semplice, ha portato avanti il progetto di Dio su di sé.
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ROSALIA GIGLIANO
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