Nell’Enciclica ‘Ecclesiam suam’ Papa Paolo VI invitava gli esponenti del clero al dialogo sia all’interno della Chiesa che al di fuori, con le confessioni cristiane e con le altre religioni. Il pontefice scrive: “La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere”, facendo riferimento a quell’osservazione dei tempi che sta alla base della pastorale, quindi annuncia che sarà impegno suo e dei cardinali che “questo aspetto della vita odierna della Chiesa sarà oggetto di speciale ed ampio studio da parte del Concilio ecumenico”.
Non vi è dubbio, quindi, che l’enciclica in questione sia la base su cui sono state prese le decisioni durante il Concilio Vaticano II e dunque sul quale si sono basate le successive decisioni della Chiesa Cattolica a partire da esso. La via del dialogo e della conciliazione è divenuta propria della Chiesa, sempre nel rispetto della carità e della verità. Tutti i papi, da Paolo VI a Francesco, hanno rispettato questo indirizzo senza soffermarsi ad ascoltare chi, ancorato alla visione purista della Chiesa precedente al Concilio, riteneva questa presa di posizione un segno della decadenza dell’Istituzione di Cristo.
Nell’idea di Paolo VI il dialogo è un aspetto fondamentale della dottrina pastorale, attraverso questo si possono conoscere le posizioni, i pensieri degli altri, fare conoscere le proprie analizzare le differenze ed apprezzare le somiglianze. La mancanza di dialogo è, al contrario, una forma di chiusura, non permette di conoscere ciò che vi è attorno e quindi ci fa chiudere su una verità autoreferenziale che, in quanto tale, non può che essere parziale.
Paolo VI immette la necessità di dialogo in una verità evangelica, egli infatti dice: “Dio non mandò il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma affinché sia salvato per mezzo di Lui. Ecco l’origine trascendente del dialogo. Essa si trova nell’intenzione stessa di Dio. La religione è di natura sua un rapporto tra Dio e l’uomo”. Proprio grazie a queste basi, all’attenzione e al dialogo, che il cammino di Roma e Constantinopoli si è avvicinato, che si sono riallacciati i rapporti con la Chiesa Anglicana e con quella Luterana che si è creato un rapporto di reciproco rispetto con Musulmani ed Ebrei.
Questo significa abbandonare le proprie convinzioni per abbracciare quelle degli altri o prenderne spunto? Questo è uno dei dubbi e delle accuse più frequenti mosse alla recente presa di posizione della Chiesa. In realtà aprirsi al dialogo è solo un modo per conoscersi e comprendersi e non inficia le basi stesse del proprio credo che rimane, come prima del dialogo, lo stesso. D’altronde il cristianesimo non può prescindere dalla verità rivelata da Gesù Cristo ma ciò non implica una chiusura al dialogo, anzi è proprio il dialogo con le realtà differenti che ha portato alla diffusione del Cristianesimo in tutto il mondo.
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