Qual è il principio della nostra fede? Papa Francesco, durante l’Angelus, lo ha spiegato con parole semplici e chiare.
Il Pontefice infatti, affacciandosi alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro, ha introdotto la preghiera mariana dell’Angelus ponendosi una domanda con cui si trovano alle prese molti di noi, comunemente, e la cui risposta non è affatto scontata, anzi.
La precisazione del Papa sulla fede di ciascuno
Il Papa, con la sua precisazione, ci invita a una riflessione necessaria affinché non finiamo vittime di errori e di fraintendimenti, gli stessi a cui purtroppo andavano incontro i cristiani persino nei primi secoli successivi alla morte del Salvatore. Un rischio che veniva indicato con il termine di pelagianesimo.
Il Vangelo di oggi, come richiamato anche da Bergoglio, narra l’episodio della tempesta sedata da Gesù (Mc 4,35-41). “La barca su cui i discepoli attraversano il lago è assalita dal vento e dalle onde ed essi temono di affondare. Gesù è con loro sulla barca, eppure se ne sta a poppa sul cuscino e dorme. I discepoli, pieni di paura, gli urlano: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (v. 38)”.
La scena del Vangelo in cui entra in gioco la nostra umanità
Qui, in questa scena evangelica, entra in gioco la nostra umanità e la nostra quotidianità. Vale a dire, entrano in gioco le tante volte in cui “anche noi, assaliti dalle prove della vita, abbiamo gridato al Signore: “Perché resti in silenzio e non fai nulla per me?”. Ci sono dei momenti, ha spiegato il Papa, in cui questa domanda assume un valore ancora più impellente.
Per esempio, ha spiegato Francesco, “quando ci sembra di affondare, perché l’amore o il progetto nel quale avevamo riposto grandi speranze svanisce; o quando siamo in balìa delle onde insistenti dell’ansia; oppure quando ci sentiamo sommersi dai problemi o persi in mezzo al mare della vita, senza rotta e senza porto. O ancora, nei momenti in cui viene meno la forza di andare avanti, perché manca il lavoro oppure una diagnosi inaspettata ci fa temere per la salute nostra o di una persona cara”.
Gesù ci chiama in situazione ben particolari della propria vita
Gesù ci chiama proprio per fare fronte a queste difficili e comuni esperienze di vita. O meglio, Gesù ci chiama dentro le nostre sofferenze, le nostre miserie e debolezze, le nostre incapacità, affinché noi smettiamo di puntare tutto e solamente sulle nostre forze, ma al contrario ci affidiamo sempre di più a lui che può veramente ogni cosa.
“In queste situazioni e in tante altre, anche noi ci sentiamo soffocare dalla paura e, come i discepoli, rischiamo di perdere di vista la cosa più importante“, ha così spiegato il Papa. “Sulla barca, infatti, anche se dorme, Gesù c’è, e condivide con i suoi tutto quello che sta succedendo. Il suo sonno, se da una parte ci stupisce, dall’altra ci mette alla prova. Il Signore, infatti, attende che siamo noi a coinvolgerlo, a invocarlo, a metterlo al centro di quello che viviamo. Il suo sonno provoca noi a svegliarci”.
Per essere discepoli di Gesù non basta credere che Dio c’è
Gesù infatti, ha spiegato il Papa, non ci lascia mai e in un senso ben più concreto di quello che, talvolta, presi dalla fiducia e dal pensiero razionalista del mondo, si finisce per tenere a credere. “Per essere discepoli di Gesù non basta credere che Dio c’è, che esiste, ma bisogna mettersi in gioco con Lui, bisogna anche alzare la voce con Lui, gridare a Lui”, ha spiegato il Papa.
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Proprio questa ragione, questa giornata che ci riporta a questa lettura del Vangelo, ogni fedele è portato a porsi una domanda ben precisa. “Quali sono i venti che si abbattono sulla mia vita, quali sono le onde che ostacolano la mia navigazione? Diciamo tutto questo a Gesù, raccontiamogli tutto. Egli lo desidera, vuole che ci aggrappiamo a Lui per trovare riparo contro le onde anomale della vita”.
La fede comincia dal credere che non bastiamo a noi stessi
Quando i discepoli, come riporta il Vangelo, si avvicinano a Gesù, lo svegliano e gli parlano, è proprio lì che comincia la nostra fede. “Riconoscere che da soli non siamo in grado di stare a galla, che abbiamo bisogno di Gesù come i marinai delle stelle per trovare la rotta”, ha così rivelato il Papa. “La fede comincia dal credere che non bastiamo a noi stessi, dal sentirci bisognosi di Dio. Quando vinciamo la tentazione di rinchiuderci in noi stessi, quando superiamo la falsa religiosità che non vuole scomodare Dio, quando gridiamo a Lui, Egli può operare in noi meraviglie”.
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Proprio questo è il passaggio fondamentale del Vangelo di oggi, e l’insegnamento che ogni cristiano si porta necessariamente a casa in questo giorno. Il rischio, al contrario, è quello di credere che bastino le nostre sole forze a donarci la salvezza, come credevano anche i seguaci dell’eresia pelagiana. Purtroppo, però, nonostante sia un errore in cui ancora oggi si finisce troppo spesso per incappare, non è affatto così.
La forza mite e straordinaria della preghiera opera miracoli
“È la forza mite e straordinaria della preghiera, che opera miracoli. Gesù, pregato dai discepoli, calma il vento e le onde. E pone loro una domanda, che riguarda anche noi: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v. 40). I discepoli si erano fatti catturare dalla paura, perché erano rimasti a fissare le onde piuttosto che guardare a Gesù”.
Un Vangelo che, proprio come a tutti i discepoli, interpella anche a tutti noi, ha concluso il Pontefice. “Anche per noi è così: quante volte restiamo a fissare i problemi anziché andare dal Signore e gettare in Lui i nostri affanni! Quante volte lasciamo il Signore in un angolo, in fondo alla barca della vita, per svegliarlo solo nel momento del bisogno! Chiediamo oggi la grazia di una fede che non si stanca di cercare il Signore, di bussare alla porta del suo Cuore. La Vergine Maria, che nella sua vita non ha mai smesso di confidare in Dio, ridesti in noi il bisogno vitale di affidarci a Lui ogni giorno”.
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Al termine della celebrazione, il Papa ha infine anche unito la sua voce ai vescovi del Myanmar, richiamando il dramma di migliaia di persone che in quel Paese sono sfollate e stanno morendo di fame. Francesco ha invitato a realizzare i corridoi umanitari, e che le Chiesa, i templi i monasteri e le moschee siano rispettate come luoghi di rifugio. Non a caso, ha citato anche la Giornata mondiale del Rifugiato promossa dalle Nazioni Unite. “Apriamo il nostro cuore ai rifugiati, così tutti insieme faremo crescere una comunità più umana, una sola e grande famiglia”.
Giovanni Bernardi