Il Papa sta visitando il Myanmar, uno Stato dell’Asia sud orientale, in cui i cristiani sono davvero una minoranza, non sempre libera di professare.
Anche li, soprattutto per incoraggiare i nostri fratelli a non desistere, a rimanere saldi nella fede in Cristo, c’è bisogno della presenza del Santo Padre.
Il Pontefice ovviamente, per ragioni di sicurezza, deve viaggiare coi finestrini alzati e questo fa ben comprendere quale possa essere l’atmosfera che si respira in quel luogo.
Ma, nonostante gli atti di violenza e di intimidazione, la chiesa del Myanmar esiste ed è ben funzionante: “La Chiesa in questo Paese sta aiutando un gran numero di uomini, donne e bambini, senza distinzioni di religione o di provenienza etnica”, dice Papa Francesco.
In Myanmar le rappresaglie nei confronti delle minoranze etniche e religiose sono all’ordine del giorno, pertanto, si deve auspicare di saper creare un sentimento reciproco di tolleranza, almeno spirituale, che possa permettere un sano e pacifico dialogo tra buddisti e cristiani, in primo luogo.
Così, il Papa ha persino citato Buddha, che dice: “Sconfiggi la rabbia con la non-rabbia, sconfiggi il malvagio con la bontà, sconfiggi l’avaro con la generosità, sconfiggi il menzognero con la verità”, proprio per ribadire quanto il rispetto e la comprensione reciproca possano essere la strada comune da percorrere.
Sappiamo bene, infatti, che è di misericordia che un cristiano deve armarsi, per condividere nel mondo il messaggio evangelico. A Buddha, Bergoglio ha fatto rispondere San Francesco con le parole: “Signore, fammi strumento della tua pace. Dov’è odio che io porti l’amore, dov’è offesa che io porti il perdono, (…) dove ci sono le tenebre che io porti la luce, dov’è tristezza che io porti la gioia”.
Il Papa ha ribadito, inoltre: “La logica del perdono e della misericordia, con la quale Gesù risponde all’odio, è una logica inarrestabile che ci guida all’intimità di Dio e al cuore dei fratelli”, ma il rispetto deve essere esteso ad ogni cultura, ad ogni Credo.
“Molti in Myanmar portano le ferite della violenza, sia visibili che invisibili, la tentazione è di rispondere a queste lesioni con una sapienza mondana (…).
Pensiamo che la cura possa venire dalla rabbia e dalla vendetta. Tuttavia la via della vendetta non è la via di Gesù. La via di Gesù è radicalmente differente”.
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