La preghiera ha bisogno di solitudine ma questo non significa che “Chi prega non lascia mai il mondo alle sue spalle – ha spiegato il Santo Padre.
Così si è espresso papa Francesco durante l’udienza generale odierna, pronunciata nella Biblioteca Apostolica Vaticana.
“Chi prega non lascia mai il mondo alle sue spalle – ha spiegato il Santo Padre –. Se la preghiera non raccoglie le gioie e i dolori, le speranze e le angosce dell’umanità, diventa un’attività ‘decorativa’, un atteggiamento superficiale, da teatro”. Oppure diventa un “atteggiamento intimistico”.
La preghiera implica un “bisogno di interiorità”, richiede “di ritirarci in uno spazio e in un tempo dedicato al nostro rapporto con Dio. Ma questo – ha sottolineato il Pontefice – non vuol dire evadere dalla realtà”. La “solitudine” e il “silenzio” che si cercano quando si prega non sono “per non essere infastiditi” ma “per ascoltare meglio la voce di Dio”.
Coloro che pregano, si appartano, si ritirano “nel segreto della propria camera, come raccomanda Gesù stesso (cfr Mt 6,6), ma, ovunque siano, tengono sempre spalancata la porta del loro cuore: una porta aperta per quelli che pregano senza sapere di pregare; per quelli che non pregano affatto ma portano dentro un grido soffocato, un’invocazione nascosta. La nostra preghiera si fa cuore e voce di tanta gente che non sa pregare, non prega o non vuole pregare o è impossibilitato a pregare”.
“Nella solitudine – ha proseguito il Papa – ci si separa da tutto e da tutti per ritrovare tutto e tutti in Dio”, si “prega per il mondo intero, portando sulle sue spalle dolori e peccati”: è un po’ come diventare “un’antenna di Dio in questo mondo”.
“Alla preghiera sta a cuore l’uomo. Semplicemente l’uomo. Chi non ama il fratello non prega seriamente”. È impossibile pregare in uno spirito di “odio” o di “indifferenza”, si può farlo soltanto in “spirito d’amore”. Infatti, “chi non ama, fa finta di pregare” o magari “crede di pregare ma non prega perché manca lo spirito che è l’amore”.
La preghiera, poi, è autentica quando “non fa selezioni” e include i “peccatori”. Le persone, ha ricordato Francesco, “per quanto possano commettere errori, non vanno mai rifiutate o scartate”. In tal senso, la parabola del fariseo e del pubblicano (cfr Lc 18,9-14) “è sempre viva e attuale: noi non siamo migliori di nessuno, siamo tutti fratelli in una comunanza di fragilità, di sofferenze e nell’essere peccatori”.
Il Santo Padre ha quindi suggerito questa preghiera: “Signore, nessun vivente davanti a Te è giusto (cfr Sal 143,2), siamo tutti debitori che hanno un conto in sospeso. Non c’è alcuno che sia impeccabile ai tuoi occhi. Signore abbi pietà di noi!”. Tutto il contrario del fariseo che “pregava in modo superbo”, disprezzando i peccatori: “questa non è preghiera”, ha commentato Bergoglio, ma è un “guardarsi allo specchio truccati di superbia”.
Il mondo, ha aggiunto, “va avanti grazie a questa catena di oranti che intercedono, e che sono per lo più sconosciuti”. Ci sono “cristiani ignoti” che, “in tempo di persecuzione”, hanno ripetuto le parole di Gesù: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34).
Il buon pastore resta fedele anche davanti al peccato e “continua ad essere padre anche quando i figli si allontanano e lo abbandonano”. Egli “non chiude il cuore davanti a chi magari lo ha fatto soffrire”, né con chi “lo porta a sporcarsi le mani”.
Ognuno dovrebbe guardare il prossimo “con gli occhi e il cuore di Dio, con la sua stessa invincibile compassione e tenerezza”. Nella preghiera è necessaria una “grande pietà” gli uni per gli altri: “farà bene a noi e farà bene e a tutti”, ha quindi concluso il Pontefice.
Luca Marcolivio
Video integrale udienza generale: https://www.youtube.com/watch?v=-CTt16MN8jM&t=1s
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