Spesso ci rivolgiamo al nostro Parroco per essere confortati, per non sentirci completamente inadeguati, in un mondo che non rende la vita facile a nessuno. Sostenere gli ideali cristiani è complicato, se non ci si appoggia alla fede e non si confida nel Signore ad ogni passo.
Il Parroco, canale tra noi e il cielo, ha anche questo compito, tranquillizzarci e farci sentire più forte l’amore di Dio.
Trovo estremamente confortante, pertanto, che Papa Francesco si esprima sempre con molta semplicità e fratellanza nei suoi interventi, come il Parroco di tutti -mi verrebbe da dire- specie di chi, a tratti, si sente ai margini dell’umana sopportazione.
E questo può capitare a chiunque sa di essere un semplice e debole peccatore.
Confortante è certamente quella omelia (una delle tante) in cui annuncia che Dio ci gradisce anche quando esprimiamo il nostro disappunto e ci arrabbiamo con Lui, perché ci mostriamo per ciò che siamo. “A Lui piace discutere con noi -dice- perché anche questo è preghiera e gli dici in faccia quello che senti, perché ti apri. E’ un “Eccomi” al Signore per fare la sua volontà”.
Un passaggio chiarissimo, in cui si esprime fortemente il senso del cristiano, davanti al Dio/Padre, che ci aspetta e ci accoglie.
Lui vede nell’intimo di noi tutti e accetta qualunque nostro stato d’animo. Non solo, ci chiede di affidargli le nostre angosce. Ci vuole nudi davvero, ma senza pudore alcuno, perché il nostro modo di essere autentici, risuoni come una preghiera per il cielo.
Anche Papa Francesco ci invita candidamente a pensare che Dio non si arresta davanti a qualche parola, maldestramente uscita dalla nostra bocca e che, non essere al pieno del nostro cammino di fede, non ci rende meno figli, ma bisognosi di annientare le false sovrastrutture, quindi meritevoli di più affetto e comprensione, come il figlio prodigo del Vangelo.
Questo discorso mi ha riportato alla mente un celebre brano di Monsignor Lebrun, intitolato “AMAMI COME SEI” che comincia così: “Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo; so la tua viltà, i tuoi peccati e ti dico lo stesso: Dammi il tuo cuore, amami come sei. Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all’amore, non amerai mai”.
La logica conseguenza di quell’ “Eccomi”, poi, è l’operare di ognuno nella vita quotidiana.
Anche in questo Papa Francesco ci fa da maestro, dando voce al versetto “La fede senza le opere è morta” (Gc 2, 26).
Ricordo soltanto che il nostro Papa ha trasformato alcune zone intorno a San Pietro in ricoveri per senzatetto, che trovano li riparo e un pasto caldo. Lui stesso non vive negli appartamenti pontifici, ma in un residence di Santa Marta (in Vaticano), e ha messo da parte oro e velluto per vestirsi di bianco e portare al collo un semplice crocifisso d’argento.
Cerca in ogni occasione di avere un rapporto personale coi fedeli, scendendo spesso tra la gente, prima delle udienze e nonostante i continui allarmi terroristici di questo periodo. Gira tra le parrocchie romane con una semplice utilitaria. Non disdegna Social e selfie, per arrivare ai giovani e ai più distanti, in tutto il suo brio.
Mi pare proprio che questo Pontefice ci voglia vigili e partecipi, come il sale della terra che siamo chiamati ad essere (“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”) e, al contrario di tanti che dicono e non fanno, lui fa e ci mostra come fare.
“Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato”
Conosciamo tutti -credo io- questi passi (parafrasati o citati) e quanto valore abbiamo.
Antonella Sanicanti
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