La conferenza stampa sul volo Atene-Roma ha toccato temi molto delicati: dai fragili equilibri politici nel vecchio continente, allo scandalo che ha scosso la Chiesa francese.
Al ritorno dalla visita pastorale a Cipro e in Grecia, papa Francesco si è soffermato, come sempre, sui temi del suo viaggio. Le domande dei giornalisti, tuttavia, hanno puntato l’attenzione su alcuni temi scabrosi che inquietano profondamente la Chiesa.
Il laicismo di Bruxelles? È anacronistico…
Parlando dell’ecumenismo, al centro in particolare della tappa cipriota, il Santo Padre ha dichiarato di aver chiesto perdono “davanti a mio fratello Crisostomo” (arcivescovo ortodosso di Nuova Giustiniana e di tutta Cipro, ndr), perché “delle divisioni anche noi abbiamo la nostra colpa, per lo spirito dell’autosufficienza”. A ciò ci è aggiunta un’ulteriore “scusa per lo scandalo del dramma dei migranti, per lo scandalo di tante vite annegate in mare”.
Sempre su questo fronte, ha annunciato il Vescovo di Roma, “è all’orizzonte l’incontro con Kirill”. La prossima settimana verrà a Roma il metropolita Hilarion per concordare un “possibile incontro” con il patriarca ortodosso di Mosca. Per incontrarlo, Bergoglio si è detto disposto anche ad andare in Russia. “Siamo fratelli e ci diciamo le cose in faccia – ha detto –. I fratelli è anche bello vederli litigare perché appartengono alla stessa madre Chiesa. Dobbiamo lavorare in unità e per l’unità”.
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Interpellato, poi, sull’ennesima iniziativa laicista avanzata dalla Commissione Europea, il Pontefice ha definito la circolare – poi ritirata – che vietava il ‘Buon Natale’ come un “anacronismo”. E ha aggiunto: “Nella storia tante dittature hanno cercato di fare così… Napoleone, la dittatura nazista, quella comunista…” ma siamo di fronte a qualcosa “che non ha funzionato nella storia”.
Il Papa ha quindi auspicato “che l’Ue prenda in mano gli ideali dei padri fondatori, ideali di unità e di grandezza e stia attenta a non fare la strada delle colonizzazioni ideologiche”. Il rischio è quello di arrivare a “dividere i Paesi e a far fallire l’Unione europea”, la quale, a suo avviso, dovrebbe “rispettare un Paese per come è strutturato dentro, la sua varietà e non uniformare. Credo che non lo faranno ma devono stare attenti”, ha sottolineato.
L’antidoto al populismo è il “popolarismo”
Di seguito, Francesco ha spiegato quali sono i “due pericoli” che minacciano la democrazia in Europa. Il primo è rappresentato dai “populismi che stanno qui e là e incominciano a mostrare le unghie”. Un “grande populismo del secolo scorso”, è stato “il nazismo”, che affermando di difendere i “valori nazionali”, ha finito con l’“annientare la vita democratica” e con il “diventare una dittatura, con la morte della gente”. Il populismo, ha puntualizzato Bergoglio, non ha nulla a che vedere con il “popolarismo” che è invece “l’espressone dei popoli liberi, popoli con la propria identità, folklore, arte”.
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Il secondo pericolo, di segno opposto, si manifesta “quando si sacrificano i valori nazionali, li si annacquano in un “impero”, una specie di governo sovranazionale”. A tal riguardo, il Santo Padre ha citato un romanzo profetico, Il padrone del mondo, scritto ai primi del ‘900 da Robert Hugh Benson, scrittore britannico anglicano, convertitosi dall’anglicanesimo al cattolicesimo e poi fattosi sacerdote. In quell’opera, Benson preconizzava un “governo internazionale che con misure economiche e politiche governa tutti gli altri Paesi”, pretendendo di determinare “un’uguaglianza fra tutti” e di dettare “i comportamenti culturali, economici e sociali”.
Tornando sui fenomeni migratori, il Pontefice ha ribadito che “chi costruisce muri perde il senso della propria storia, di quando lui stesso era schiavo in un altro Paese”. Se, da un lato, “ogni governo deve dire chiaramente quanti migranti può ricevere”, al contempo “i migranti vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati. Se un governo non può fare questo deve entrare in dialogo con altri Paesi”.
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Purtroppo, all’interno dell’Unione Europea, manca una “linea comune” sulle politiche migratorie e, se non si perviene a una soluzione, “rischiamo di far naufragare la civiltà in Europa”. Un modello da seguire è stato indicato dal Papa nella “Svezia” che, anni addietro, “ha accolto migranti latino americani di dittature militari e li ha integrati”.
Anche la Grecia appena visitata, oggi, è una “macedonia di culture”, ha detto. Se tuttavia “un Paese manda indietro un migrante nel suo Paese allora deve integrarlo anche lì, non lasciarlo sulla costa libica”.
Lo scandalo Aupetit? Non così grave, però…
Un’ultima domanda ha riguardato l’accettazione delle dimissioni dell’arcivescovo di Parigi, monsignor Michel Aupetit. Quella commessa dal presule, ha commentato Francesco, è stata una “mancanza contro il sesto comandamento”, tuttavia, “i peccati della carne non sono i più gravi. Quelli più gravi sono quelli che hanno più angelicalità: la superbia, l’odio”.
Pertanto, monsignor Aupetit è “un peccatore come lo sono io, come è stato Pietro il vescovo su cui Gesù ha fondato la Chiesa e che lo aveva rinnegato”. Fermo restando, quindi, che “siamo tutti peccatori”, nel caso dell’arcivescovo di Parigi, Bergoglio ne ha accettato le dimissioni, avendo preso atto del “chiacchiericcio” che era sorto intorno alla vicenda, che impediva al presule di “governare”.
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L’accettazione della sua rinuncia, quindi, è avvenuta “non sull’altare della verità ma sull’altare dell’ipocrisia”, ha detto in conclusione il Santo Padre. L’errore di Aupetit non era quindi così grave da giustificare le dimissioni: la macchina del fango contro di lui, tuttavia, è stata così violenta, da impedirgli di lavorare serenamente, rendendo necessario, nel suo interesse, farsi da parte.