Jacques Sarvais è un teologo di fama mondiale che ha avuto il piacere di intervistare il Papa emerito Benedetto XVI su questioni di fede e misericordia. L’intervista integrale al Pontefice è stata successivamente trascritta nel ultimo libro di Daniele Libanori ‘Per mezzo della fede. Dottrina della giustificazione ed esperienza di Dio nella predicazione della Chiesa e negli Esercizi Spirituali a cura’, ed oggi ve ne riportiamo uno stralcio.
Il giornalista e teologo francese comincia l’intervista chiedendo al Papa emerito una sua opinione sulla “Giustificazione della Fede” con particolare riferimento a delle risposte precedentemente date a riguardo proprio dal Papa emerito. Servais infatti chiede a Ratzinger di spiegare più approfonditamente le frasi: “La fede cristiana non è un’idea, ma una vita” (frase Paolina di cui si è appropiato) e “La fede è un dono ai credenti comunicato attraverso la comunità, la quale da parte sua è frutto del dono di Dio”.
Papa Ratzinger fa riferimento ad una duplice trascendenza che spiega con queste parole: “Si tratta della questione: cosa sia la fede e come si arriva a credere. Per un verso la fede è un contatto profondamente personale con Dio, che mi tocca nel mio tessuto più intimo e mi mette di fronte al Dio vivente in assoluta immediatezza in modo cioè che io possa parlargli, amarlo ed entrare in comunione con lui. Ma al tempo stesso questa realtà massimamente personale ha inseparabilmente a che fare con la comunità: fa parte dell’essenza della fede il fatto di introdurmi nel noi dei figli di Dio, nella comunità peregrinante dei fratelli e delle sorelle”.
La fede quindi è un apertura a Dio ma anche alla sua comunità, ma chiarito questo, quello che interessa al teologo è capire da che parte possa arrivare e svilupparsi la fede ed il perché il raggiungimento di questo obbiettivo viene fatto per gradi ed in maniera diversa da ogni fedeli, insomma come si giustifica la fede?
A questo quesito Papa Benedetto XVI risponde citando nuovamente San Paolo quando dice che la fede deriva dall’ascolto e non dalla meditazione o dalla riflessione: “ L’ascolto a sua volta implica sempre un partner. La fede non è un prodotto della riflessione e neppure un cercare di penetrare nelle profondità del mio essere. Entrambe le cose possono essere presenti, ma esse restano insufficienti senza l’ascolto mediante il quale Dio dal di fuori, a partire da una storia da Lui stesso creata, mi interpella”.
In questo modo il Santo Padre completa la sua spiegazione della doppia trascendenza perché senza una comunità pronta a diffondere il verbo non ci potrebbe essere la conoscenza e senza la conoscenza non ci potrebbe essere la fede. Per questo motivo Ratzinger ha sempre spinto affinché la pastorale della Chiesa fosse finalizzata all’educazione spirituale dei fedeli, una Chiesa insomma che non fosse solo decisionista e divulgativa ma anche e sopratutto educativa, ed infatti questo dice a Servais:
“La pastorale che intende formare l’esperienza spirituale dei fedeli deve procedere da questi dati fondamentali. È necessario che essa abbandoni l’idea di una Chiesa che produce se stessa e far risaltare che la Chiesa diventa comunità nella comunione del corpo di Cristo. Essa deve introdurre all’incontro con Gesù Cristo e portare alla Sua presenza nel sacramento”.
Se la fede proviene dal duplice ascolto di Dio e della sua comunità, la recente “Caduta della fede” nella società moderna dev’essere collegata ad un errore di comunicazione o, per meglio dire, di educazione da parte della comunità ecclesiastica. Assodato questo periodo di crisi della fede, Servais si chiede e chiede al Papa emerito se ci sono ancora gli estremi per salvare il gregge di Dio e se c’è ancora il bisogno della misericordia divina in una società profondamente atea. A queste considerazioni Benedetto XVI risponde:
“A mio parere, continua ad esistere, in altro modo, la percezione che noi abbiamo bisogno della grazia e del perdono. Per me è un «segno dei tempi» il fatto che l’idea della misericordia di Dio diventi sempre più centrale e dominante”.
Insomma Dio è presente e dominante anche in questa cultura che sembra fredda alla sua presenza ed alla sua volontà, bisogna dunque solo interpretare i segni e lavorare duramente per farli comprendere ai fedeli che si sono persi per strada e che, come il figliol prodigo, prima o poi torneranno al Padre.
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