Papa Francesco ha istituito il Fondo “Gesù Divino Lavoratore”, per aiutare le persone che nella città di Roma hanno perso il lavoro a causa della pandemia e ora si trovano in condizioni di difficoltà.
Nelle scorse settimane infatti, il Pontefice ha istituito una Commissione vaticana creata appositamente per i danni economici e sociali creati dal coronavirus. Gli uomini e le donne al lavoro infatti, sono stati incaricati di vagliare con attenzione le persone che si sono ritrovate da un momento all’altro, senza avere particolari colpe, in situazioni precarie, esclusi dai media e dalle attenzioni della politica.
“La risurrezione di Roma parte dai fragili“, scrivono i media vaticani nel dare conto dell’iniziativa. Quello che cioè il Papa intende “restituire al popolo del precariato” e “agli invisibili sotto la soglia di attenzione” è “la dignità che settimane di quarantena hanno ridotto in polvere con la lentezza di una drammatica clessidra”.
Il Papa fin dal primo momento segue le difficoltà sociali ed economiche dei cittadini, vicini e lontani. Così, dopo settimane di sofferenza, e dopo aver ascoltato le voci di tante persone che chiedono aiuto, ha deciso di mettere in campo un atto concreto per Roma, la città di cui è Vescovo.
Una città dove “vediamo che tanta gente sta chiedendo aiuto, e sembra che ‘i cinque pani e i due pesci’ non siano sufficienti”, ha spiegato il Papa. Una constatazione da cui nasce il gesto caritativo, definito con una lettera rivolta al cardinale vicario nella città, monsignor Angelo De Donatis.
La prima parte di aiuto consiste in un milione di euro che verrà versato alla Caritas diocesana. Con l’intenzione però di rimettere in primo piano “la dignità del lavoro” per tutta quella “grande schiera dei lavoratori giornalieri e occasionali”. Persone “con contratti a termine non rinnovati”, “pagati a ore”. Oppure “agli stagisti, ai lavoratori domestici, ai piccoli imprenditori, ai lavoratori autonomi, specialmente quelli dei settori più colpiti e del loro indotto”.
Tutte categorie che il coronavirus ha gettato nella difficoltà ancora più di quanto fossero prima della pandemia. Il Papa ha spiegato che fra loro “molti sono padri e madri di famiglia che faticosamente lottano per poter apparecchiare la tavola per i figli e garantire ad essi il minimo necessario”. Per questo è necessario accendere l’attenzione e prodigarsi in aiuti concreti.
“Mi piace pensare che possa diventare l’occasione di una vera e propria alleanza per Roma in cui ognuno, per la sua parte, si senta protagonista della rinascita della nostra comunità dopo la crisi”, ha spiegato il Papa nella lettera. Il Papa conosce il tessuto sociale della città di cui è Vescovo. E riconosce “il gran numero di persone che in questi giorni si è rimboccato le maniche per aiutare e sostenere i deboli”.
L’aumento delle donazioni per le persone che assistono poveri e malati ne è una prova concreta e tangibile. Come lo sono anche tutte le “manifestazioni che hanno visto i romani affacciarsi alle finestre e ai balconi per applaudire i medici e gli operatori sanitari, cantare e suonare, creando comunità e rompendo la solitudine che insidia il cuore di molti di noi”.
Manifestazioni di partecipazione e solidarietà che hanno colpito il cuore di Francesco e lo hanno spinto a diventare un attore concreto della sfida contro la pandemia. Donando contributi per la ripartenza e per l’alleviamento delle sofferenze maggiori, aiutando quella parte di Chiesa che ogni giorno, silenziosamente, si mette in gioco per raccogliere il fratello in difficoltà.
Un segno di vicinanza a tutte le persone che vogliono agire “per il bene comune“, ha spiegato il Papa. E il sigillo di una Chiesa che conosce i suoi figli, e condivide la preoccupazione dell’umanità per un mondo più giusto. Accompagnando con la carità i bisognosi. collaborando con le istituzioni e con ogni realtà socio-economica.
Perché si è parte di una grande famiglia che lotta per un interessa comune. Proprio ai rappresentati della società civile e del mondo del lavoro si rivolge il Papa. A quei corpi “chiamati a dare ascolto a questa richiesta e a trasformarla in politiche e azioni concrete per il bene della città”.
E a mettere in campo azioni e politiche “che tutelino soprattutto coloro che rischiano di rimanere esclusi dalle tutele istituzionali e che hanno bisogno di un sostegno che li accompagni, finché potranno camminare di nuovo autonomamente”. La speranza di Francesco è che dopo la pandemia si verifichi una reazione altrettanto forte, che spinga per una “vera e propria alleanza per Roma in cui ognuno, per la sua parte, si senta protagonista della rinascita della nostra comunità dopo la crisi”.
Invitando i sacerdoti ad essere i primi contributori del fondo. Invito raccolto dal cardinale De Donatis, che si è detto “profondamente grato” al Pontefice per avere istituito questo fondo. Cogliendo “tutto l’amore e la sollecitudine” di Francesco. Che avrà certamente una risposta, spiega il cardinale, corale con istituzioni e associazioni.
Giovanni Bernardi
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