Nel Vangelo, infatti, si parla di mitezza e l’umiltà, caratteristiche che rendono le persone buoni cristiani, ma solo se non vengono contaminate dalla pusillanimità. Il pontefice, infatti, ricorda che la mitezza dev’essere accompagnata da un buono spirito di adattamento, altrimenti si rischia di rimanere mediocri: “Il nostro peggior nemico non sono i problemi concreti, per quanto seri e drammatici: il pericolo più grande della vita è un cattivo spirito di adattamento che non è mitezza o umiltà, ma mediocrità, pusillanimità”.
Per spiegare meglio a cosa si riferisce con pusillanimità, il pontefice ricorda che Gesù rispose alla domanda del giovane ricco elencando una parte del decalogo dei comandamenti, questo perché in quel modo mise il ragazzo in contatto con quelli che erano i suoi limiti, limiti che avrebbe dovuto accettare prima di diventare un adulto: “Doveva arrivare sulla soglia di un salto – dice papa Francesco riferendosi al giovane ricco – dove si apre la possibilità di smettere di vivere per se stessi”.
Questo processo si verifica in tutti. Arrivati a questo bivio si può scegliere di non fare nulla per cambiare le cose ed accettarle per come sono, rischiando di vivere una vita mediocre, oppure si può scegliere di vivere con “Inquietudine buona” le sfide che ci si pongono davanti e scegliere di affrontarle in modo originale. In questo modo, prendendo decisioni complicate, scommettendo su se stessi, spendendosi per gli altri, e sbagliando, ogni giovane vivrà la propria vita e non la copia di quella degli altri perché, conclude il Santo Padre: “Gesù non offre surrogati, ma vita vera, amore vero, ricchezza vera! Come potranno i giovani seguirci nella fede se non ci vedono scegliere l’originale, se ci vedono assuefatti alle mezze misure?”.
Luca Scapatello
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