“L’annuncio del Vangelo è sempre legato all’abbraccio di una Croce concreta”. Con queste parole, papa Francesco ha commentato il Vangelo di oggi, in occasione della Messa Crismale in San Pietro.
La lettura riporta della predica di Gesù alla sinagoga di Nazaret, dove, significativamente, qualcuno si domanda: «Non è costui il figlio di Giuseppe?» (Lc 4,22).
Non si dialoga con il maligno
Già emerge, in queste affermazioni, lo spregio per le umili origini di Gesù, che fa da pretesto all’ostilità nei suoi confronti. Quando Gesù cita il proverbio “Medico cura te stesso”, attribuito alla folla che lo provoca, sembra quasi preconizzare ciò che gli verrà detto sulla Croce: «Ha salvato altri! Salvi se stesso» (Lc 23,35).
Il Signore, però, “non dialoga con lo spirito maligno, risponde soltanto con la Scrittura”. Molti anni prima Simeone aveva profetizzato che quel Bambino sarebbe diventato «segno di contraddizione» (Lc 2,34). Gesù ha quindi “il potere di far uscire alla luce ciò che uno porta nel cuore, che di solito è un miscuglio, come il grano e la zizzania – ha commentato il Santo Padre –. E questo provoca combattimento spirituale”.
“La luce mite della Parola – ha spiegato – genera chiarezza nei cuori ben disposti e confusione e rifiuto in quelli che non lo sono”. Ciò è ben esemplificato nella parabola grano e della zizzania (cfr Mt 13,24-30.36-43).
Il Pontefice ha poi menzionato la “tenerezza del padre misericordioso” che “attrae irresistibilmente il figlio prodigo perché ritorni a casa” ma, al contempo, “suscita anche l’indignazione e il risentimento del figlio maggiore” (cfr Lc 15,11-32).
Analogamente, “la generosità del padrone della vigna è motivo di gratitudine per gli operai dell’ultima ora, ma è anche motivo di aspri commenti per i primi, che si sentono offesi perché il loro padrone è buono (cfr Mt 20,1-16)”.
Quando Gesù “va a mangiare con i peccatori guadagna cuori come quello di Zaccheo, quello di Matteo, quello della Samaritana… ma provoca anche sentimenti di disprezzo in coloro che si credono giusti”. Nella parabola dei vignaioli omicidi, infine, vediamo come questi ultimi arrivano ad “uccidere il Giusto” (cfr Mt 21,33-46).
Con la Croce non si scende a compromessi
Traendo spunto da queste riflessioni evangeliche, il Papa ha offerto consigli ai sacerdoti della diocesi di Roma, giunti in San Pietro per la celebrazione del Crisma. In primo luogo, ha detto: “Non meraviglia constatare che la Croce è presente nella vita del Signore all’inizio del suo ministero e perfino prima della sua nascita”.
La croce “è presente già nel primo turbamento di Maria davanti all’annuncio dell’Angelo; è presente nell’insonnia di Giuseppe al sentirsi obbligato ad abbandonare la sua promessa sposa; è presente nella persecuzione di Erode e nei disagi che patisce la Santa Famiglia, uguali a quelle di tante famiglie che devono andare in esilio dalla propria patria”.
Eppure, la Croce non è un “fatto a posteriori”, né un “danno collaterale”. Gesù la abbraccia “in tutta la sua integrità”. Lui stesso “ha abbracciato la passione intera? Ha abbracciato il tradimento e l’abbandono dei suoi amici già dall’ultima cena, ha accettato la detenzione illegale, il giudizio sommario, la sentenza sproporzionata, la cattiveria senza motivo degli schiaffi e degli sputi gratuiti”. Lo ha fatto, perché “nella Croce non c’è ambiguità” e con la Croce “non si negozia”.
La carne di Gesù: un “veleno” per il demonio
La seconda riflessione parte dal fatto che, nella Croce non c’è soltanto il nostro “limite” o la nostra “fragilità”, ma vi troviamo anche il “morso del serpente”, del maligno che “vedendo il crocifisso inerme […] tenta di avvelenare e del tutta la sua opera”. Inutilmente, perché in Gesù il demonio “ha trovato solo mansuetudine infinita e obbedienza alla volontà del Padre” e, inghiottendo la carne del Signore, ha assunto un “veleno per lui” e un “antidoto che neutralizza il potere del maligno”.
Anche per questo, “noi non ci scandalizziamo perché non si è scandalizzato Gesù” nel guarire e liberare l’umanità in mezzo a tanta persecuzione. Il Signore ci concede sempre le sue grazie “ma lo fa nel suo modo divino. Questo modo implica la croce. Non per masochismo, ma per amore, per amore sino alla fine”, ha quindi concluso Francesco.
Luca Marcolivio