Papa Francesco: chi entra in un Santuario si senta a casa sua

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Soprattutto in questo Giubileo della Misericordia, ogni pellegrino abbia la gioia di sentirsi accolto e amato dalla Chiesa. E’ quanto affermato da Papa Francesco nell’udienza ai partecipanti al Giubileo degli operatori di pellegrinaggi e rettori di Santuari, ricevuti in Vaticano. Il Pontefice ha sottolineato che sull’accoglienza “ci giochiamo tutto”, l’accoglienza infatti è “davvero determinante per l’evangelizzazione”. Dal Papa anche un nuovo invito ai sacerdoti ad essere misericordiosi con quanti si accostano al confessionale. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Andare pellegrini ai santuari è una delle espressioni più eloquenti della fede del popolo di Dio”. Francesco esordisce sottolineando il suo apprezzamento per la “religiosità popolare”. Un amore per la pietà popolare che viene da lontano, dai suoi anni in Argentina e che ha trovato una significativa espressione nel Documento di Aparecida. Il Papa la definisce “una genuina forma di evangelizzazione, che ha bisogno di essere sempre promossa e valorizzata, senza minimizzare la sua importanza”.

Nei Santuari si vive la profondità spirituale della pietà popolare
Nei santuari, constata, “la nostra gente vive la sua profonda spiritualità, quella pietà che da secoli ha plasmato la fede con devozioni semplici, ma molto significativa”:

“Sarebbe un errore ritenere che chi va in pellegrinaggio viva una spiritualità non personale ma di massa. In realtà, il pellegrino porta con sé la propria storia, la propria fede, luci e ombre della propria vita. Ognuno porta nel cuore un desiderio speciale e una preghiera particolare”.

Chi entra nei santuari si senta come a casa sua
“Chi entra nel santuario – prosegue – sente subito di trovarsi a casa sua, accolto, compreso, e sostenuto”. Il santuario, riprende, “è realmente uno spazio privilegiato per incontrare il Signore e toccare con mano la sua misericordia”. “Confessare in un santuario – aggiunge a braccio – è un’esperienza di toccare con mano la misericordia di Dio”. E si sofferma dunque sul valore dell’accoglienza, che definisce “parola-chiave”:

“Con l’accoglienza, per così dire, ‘ci giochiamo tutto’. Un’accoglienza affettuosa, festosa, cordiale, e paziente! Ci vuole pazienza eh! I Vangeli ci presentano Gesù sempre accogliente verso coloro che si accostano a Lui, specialmente i malati, i peccatori, gli emarginati. E ricordiamo quella sua espressione: ‘Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato’.

L’accoglienza è determinante per l’evangelizzazione
Gesù, rileva Francesco, “ha parlato dell’accoglienza, ma soprattutto l’ha praticata”. E annota che quando i peccatori come Matteo o Zaccheo accolgono Gesù nella loro casa, cambia la loro vita. E’ interessante, soggiunge, che il Libro degli Atti degli Apostoli si concluda con la scena di san Paolo che, prigioniero a Roma, “accoglieva tutti quelli che venivano da lui”. La sua casa, dunque, “era il luogo dove annunciava il Vangelo”:

“L’accoglienza è davvero determinante per l’evangelizzazione. A volte, basta semplicemente una parola, un sorriso, per far sentire una persona accolta e benvoluta. Il pellegrino che arriva al santuario è spesso stanco, affamato, assetato… E tante volte questa condizione fisica rispecchia anche quella interiore. Perciò, questa persona ha bisogno di essere accolta bene sia sul piano materiale sia su quello spirituale”.

Il pellegrino abbia la gioia di sentirsi compreso ed amato
È importante, afferma ancora, “che il pellegrino che varca la soglia del santuario si senta trattato più che come un ospite, come un familiare”, “deve sentirsi a casa sua, atteso, amato e guardato con occhi di misericordia”. E evidenzia che questo deve valere per tutti anche per un “turista curioso”, “perché in ognuno c’è un cuore che cerca Dio, a volte senza rendersene pienamente conto”:

“Facciamo in modo che ogni pellegrino abbia la gioia di sentirsi finalmente compreso e amato. In questo modo, tornando a casa proverà nostalgia per quanto ha sperimentato e avrà il desiderio di ritornare, ma soprattutto vorrà continuare il cammino di fede nella sua vita ordinaria”.

I sacerdoti che confessano abbiano cuore impregnato di misericordia
Un’accoglienza del tutto particolare, sottolinea poi, “è quella che offrono i ministri del perdono di Dio”. Il santuario, infatti, “è la casa del perdono, dove ognuno si incontra con la tenerezza del Padre che ha misericordia di tutti, nessuno escluso”:

“Chi si accosta al confessionale lo fa perché è pentito del proprio peccato: è pentito del proprio peccato. Sente il bisogno di accostarsi lì… Percepisce chiaramente che Dio non lo condanna, ma lo accoglie e lo abbraccia, come il padre del figlio prodigo, per restituirgli la dignità filiale (cfr Lc 15,20-24). I sacerdoti che svolgono un ministero nei santuari devono avere il cuore impregnato di misericordia; il loro atteggiamento dev’essere quello di un padre”.

“Viviamo con fede e con gioia questo Giubileo – ha concluso Francesco – viviamolo come un unico grande pellegrinaggio”.

fonte: radiovaticana

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