Davanti a trecento giovani, durante il presinodo, papa Francesco condanna apertamente e duramente lo sfruttamento della prostituzione dicendo ai presenti che “Andare a prostitute è un atteggiamento criminale”. Queste parole del Santo Padre giungono in seguito alla testimonianza portata da una giovane immigrata scampata alla tratta delle schiave del sesso. Come molte coetanee provenienti dalle parti povere del mondo, anche lei è stata portata in Italia con la promessa di un futuro migliore e poi si è ritrovata a doversi prostituire. Impossibile, in questo caso, scindere la tratta dei migranti dallo sfruttamento della prostituzione, com’è impossibile non rendersi conto che questa vergognosa tratta è causata dalla richiesta degli uomini italiani.
Proprio per questo, parlando dello sfruttamento della prostituzione, papa Francesco dice ai giovani presenti: “È una mentalità malata, quella che porta a sfruttare la donna. Alcuni governi cercano di fare pagare multe ai clienti. Ma il problema è grave, grave grave. Vorrei che voi i giovani lottaste per questo. Se un giovane ha questa abitudine la tagli. Chi fa questo è un criminale. Questo non è fare l’amore, è torturare una donna, è criminale”, riferendosi non solo ad una questione giuridica, ma anche e sopratutto ad una disposizione morale ed etica errata secondo cui sfruttare le prostitute è lecito, un crimine senza macchia.
Concluso il monito, il pontefice amplia il discorso e a braccio parla della difficile situazione lavorativa esistente in Italia e in diverse parti del mondo, sottolineando come proprio la mancanza di lavoro causa la necessità di trovare un’alternativa, foraggia il mercato nero e causa alcune delle più grandi disgrazie della società: “Cosa fa un giovane senza lavoro? Si suicida, fa il ribelle, o prende l’aereo e va in una città che non voglio nominare e si arruola all’Isis o in un altro di questi movimenti guerriglieri, almeno ha senso vivere e avrà uno stipendio mensile”.
Luca Scapatello