Il dramma dei profughi: il Papa all’Angelus, invoca una risposta efficace di tutte le Nazioni, invita quindi a pregare per la pace in Siria e per le vittime del ciclone che ha devastato le isole Fiji. Nella catechesi, un monito a non avere una mentalità superstiziosa che fa attribuire a Dio le disgrazie del mondo. Il servizio di Roberta Gisotti:
I profughi che fuggono da guerre e altre situazioni disumane sono sempre presenti nella mia preghiera, ha confidato Francesco, chiedendo a tutte le Nazioni di collaborare con “la Grecia e gli altri Paesi” che “in prima linea” “stanno prestando” loro “un generoso soccorso”.
“Una risposta corale può essere efficace e distribuire equamente i pesi. Per questo occorre puntare con decisione e senza riserve sui negoziati”.
Il pensiero Francesco è andato poi alla speranze riposte nella cessazione delle ostilità in Siria:
“…invito tutti a pregare affinché questo spiraglio possa dare sollievo alla popolazione sofferente, favorendo i necessari aiuti umanitari, e apra la strada al dialogo e alla pace tanto desiderata”.
E ancora il Papa ha espresso “vicinanza al popolo delle Isole Fiji, duramente colpito da un devastante ciclone”, la scorsa settimana:
“Prego per le vittime e per quanti sono impegnati nel prestare soccorso”.
Se “ogni giorno – ha osservato Francesco – “le cronache riportano notizie brutte: omicidi, incidenti, catastrofi….”, non dobbiamo cadere nella “mentalità superstiziosa” di attribuire a Dio la responsabilità di fatti tragici e pensare che le vittime abbiano meritato il suo castigo e chi venga risparmiato dalla disgrazia debba sentirsi a posto, come insegna Gesù quando – nel Vangelo di Luca – accenna a due fatti tragici che a quel tempo avevano suscitato molto scalpore.
“Gesù rifiuta nettamente questa visione, perché Dio non permette le tragedie per punire le colpe, e afferma che quelle povere vittime non erano affatto peggiori degli altri”.
Gesù piuttosto “invita a ricavare” dai fatti dolorosi “un ammonimento che riguarda tutti”, perché tutti siamo peccatori e ci porta a riflettere: “che idea di Dio ci siamo fatti?”:
“Siamo proprio convinti che Dio sia così, o quella non è piuttosto una nostra proiezione, un Dio fatto ‘a nostra immagine e somiglianza’?”.
“Gesù, al contrario, ci chiama a cambiare il cuore”:
“… a fare una radicale inversione nel cammino della nostra vita, abbandonando i compromessi con il male – questo lo facciamo tutti, compromessi con il male – e le ipocrisie – io credo che quasi tutti ne abbiamo almeno un pezzetto, di ipocrisia – per imboccare decisamente la strada del Vangelo”.
“Ma ecco di nuovo la tentazione di giustificarci”:
“Da che cosa dovremmo convertirci? Non siamo tutto sommato brava gente – quante volte abbiamo pensato questo: tutto sommato io sono bravo, brava non è cosi? – non siamo dei credenti, anche abbastanza praticanti?”.
Purtroppo – ha sottolineato il Papa – noi somigliamo a un albero sterile da anni anni e dobbiamo essere grati a Gesù, simile a quel contadino che nel racconto evangelico ottiene dal suo padrone “ancora una proroga per il fico infecondo”.
“L’invincibile pazienza di Gesù, e la sua irriducibile preoccupazione per i peccatori, come dovrebbero provocarci all’impazienza nei confronti di noi stessi! Non è mai troppo tardi per convertirsi, mai!”.
“Ma è urgente”:
“Incominciamo oggi…”
Infine l’invocazione a Maria:
“Ci aiuti a non giudicare mai gli altri, ma a lasciarci provocare dalle disgrazie quotidiane per fare un serio esame di coscienza e ravvederci”.
Nei saluti finali, Francesco ha ricordato la Giornata delle malattie rare, che ricorre domani, assicurando una “preghiera speciale e un incoraggiamento” alle associazioni che ne occupano, presenti in Piazza San Pietro.
fonte: radiovaticana