Celebrando la messa a Guayaquil , Francesco dice che l’aiuto che la società da’ alla famiglia non è “una forma di elemosina, ma un autentico ‘debito sociale’ nei confronti dell’istituzione” nella quale si imparano l’amore, il servizio, l’aiuto, la fede. Come Maria “facciamo ‘quello che Egli ci dirà’”.
Guayaquil (AsiaNews) – L’aiuto che la società da’ alla famiglia non è “una forma di elemosina, ma un autentico ‘debito sociale’ nei confronti dell’istituzione” nella quale si imparano l’amore, il servizio, l’aiuto, la fede e che oggi affronta “molte difficoltà e importanti sfide”. Alle quali il Sinodo del prossimo ottobre cercherà di trovare “soluzioni concrete” per le quali papa Francesco ha chiesto di pregare, “perché persino quello che a noi sembra impuro, ci scandalizza o ci spaventa, Dio –facendolo passare attraverso la sua ‘ora’ – lo possa trasformare in miracolo”.
E’ dedicata alla famiglia la prima messa che il Papa celebra nel secondo giorno sua permanenza in Ecuador a Guayaquil, la città più popolosa del Paese. Per arrivarci, Francesco è sceso, con un volo di una cinquantina di minuti dai quasi 3mila metri di Quito al livello del mare dove si trova questa città. Dove il primo appuntamento è stato per il Santuario nazionale della Divina Misericordia. “Porto – ha detto ai presenti, dopo in momento di preghiera – tutti voi nel cuore! Pregherò per ciascuno di voi. Dirò al Signore: ‘Tu conosci il nome di quelli che erano lì’. Chiederò a Gesù, per ciascuno di voi, tanta misericordia: che vi ricopra con la sua misericordia, che abbia cura di voi”.
E’ quasi mezzogiorno quando Francesco arriva alla grande spianata dove lo attendono centinaia di migliaia di persone entusiaste, forse un milione,dopo le decina di migliaia che lo hanno seguito lungo il percorso.
All’omelia, il Papa prende spunto dall’episodio evangelico delle Nozza di Cana, “il primo segno prodigioso che si realizza nella narrazione del Vangelo di Giovanni. La preoccupazione di Maria, divenuta supplica a Gesù: ‘Non hanno più vino’ e il riferimento a ‘l’ora’ si comprenderanno nei racconti della Passione. È bene che sia così, perché questo ci permette di scorgere l’ansia di Gesù di insegnare, accompagnare, guarire e rallegrare a partire da quell’appello di sua madre: ‘Non hanno più vino’”.
“Le nozze di Cana si rinnovano in ogni generazione, in ogni famiglia, in ognuno di noi e nei nostri sforzi perché il nostro cuore riesca a trovare stabilità in amori duraturi, fecondi e gioiosi. Facciamo spazio a Maria, ‘la madre’, come afferma l’Evangelista. Facciamo insieme a lei l’itinerario di Cana”.
“Maria è attenta, in quelle nozze già iniziate, è sollecita verso le necessità degli sposi. Non si isola in sé stessa, centrata nel proprio mondo, al contrario, l’amore la fa ‘essere verso’ gli altri. E perciò si rende conto della mancanza del vino. Il vino è segno di gioia, di amore, di abbondanza. Quanti adolescenti e giovani percepiscono che nelle loro case ormai da tempo non c’è più questo vino! Quante donne sole e rattristate si domandano quando l’amore se n’è andato scivolando via dalla loro vita! Quanti anziani si sentono lasciati fuori dalle feste delle loro famiglie, abbandonati in un angolo e ormai senza il nutrimento dell’amore quotidiano! La mancanza di vino può essere anche la conseguenza della mancanza di lavoro, delle malattie, delle situazioni problematiche che le nostre famiglie attraversano. Maria non è una madre che ‘pretende’, non è una suocera che vigila per divertirsi delle nostre inesperienze, di errori o disattenzioni. Maria è madre! È presente, attenta e premurosa”.
“Maria però si rivolge con fiducia a Gesù, Maria prega. Non va dal maggiordomo, ma presenta direttamente la difficoltà degli sposi a suo Figlio. La risposta che riceve sembra scoraggiante: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». (v. 4). Ma intanto lei ha posto il problema nelle mani di Dio. La sua premura per le necessità degli altri anticipa ‘l’ora’ di Dio. Maria è parte di quell’ora, dal presepe fino alla croce. Lei, che seppe «trasformare una grotta per animali nella casa di Gesù, con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza» (Esort. ap.Evangelii gaudium, 286) e ci ricevette come figli quando una spada le trafisse il cuore, ci insegna a porre le nostre famiglie nelle mani di Dio; a pregare, alimentando la speranza che ci indica che le nostre preoccupazioni sono anche le preoccupazioni di Dio”.
“Pregare ci fa sempre uscire dal recinto delle nostre preoccupazioni, ci fa andare oltre quello che ci fa soffrire, ci agita o ci manca, e ci mette nei panni degli altri. La famiglia è una scuola dove il pregare ci ricorda anche che c’è un ‘noi’, che esiste un prossimo vicino, evidente: vive sotto lo stesso tetto, condivide con noi la vita e ha delle necessità”.
“Maria, alla fine, agisce. Le parole: ‘Fate quello che vi dirà’ (v. 5), rivolte a quelli che servivano, sono un invito rivolto anche a noi, a metterci a disposizione di Gesù, che è venuto per servire e non per essere servito. Il servizio è il criterio del vero amore. E questo si impara specialmente nella famiglia, dove ci facciamo servitori per amore gli uni degli altri. Nel seno della famiglia, nessuno è escluso; lì «si impara a chiedere permesso senza prepotenza, a dire ‘grazie’ come espressione di sentito apprezzamento per le cose che riceviamo, a dominare l’aggressività o l’avidità, e a chiedere scusa quando facciamo qualcosa di male. Questi piccoli gesti di sincera cortesia aiutano a costruire una cultura della vita condivisa e del rispetto per quanto ci circonda» (Enc. Laudato si’, 213). La famiglia è l’ospedale più vicino, la prima scuola dei bambini, il punto di riferimento imprescindibile per i giovani, il miglior asilo gli anziani. La famiglia costituisce la grande ricchezza sociale, che altre istituzioni non possono sostituire, che dev’essere aiutata e potenziata, per non perdere mai il giusto senso dei servizi che la società presta ai cittadini. In effetti, questi non sono una forma di elemosina, ma un autentico ‘debito sociale’ nei confronti dell’istituzione familiare, che tanto apporta al bene comune. La famiglia forma anche una piccola Chiesa, una ‘Chiesa domestica’ che, oltre a dare la vita, trasmette la tenerezza e la misericordia divina. Nella famiglia la fede si mescola al latte materno: sperimentando l’amore dei genitori si sente vicino l’amore di Dio”.
“E nella famiglia i miracoli si fanno con quello che c’è, con quello che siamo, con quello che uno ha a disposizione; molte volte non è l’ideale, non è quello che sogniamo e neppure quello che ‘dovrebbe essere’. Il vino nuovo delle nozze di Cana nasce dalle giare della purificazione, vale a dire, dal luogo dove tutti avevano lasciato il loro peccato: «dove abbondò il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm5,20). In ciascuna delle nostre famiglie e nella famiglia comune che formiano tutti, nulla si scarta, niente è inutile. Poco prima di cominciare l’Anno Giubilare della Misericordia, la Chiesa celebrerà il Sinodo Ordinario dedicato alle famiglie, per maturare un vero discernimento spirituale e trovare soluzioni concrete alle molte difficoltà e importanti sfide che la famiglia deve affrontare nel nostro tempo. Vi invito ad intensificare le vostre preghiere per questa intenzione, perché persino quello che a noi sembra impuro, ci scandalizza o ci spaventa, Dio –facendolo passare attraverso la sua ‘ora’ – lo possa trasformare in miracolo”.
“Tutto ebbe inizio perché ‘non avevano più vino’, e tutto si è potuto compiere perché una donna – la Vergine – è stata attenta, ha saputo porre nelle mani di Dio le sue preoccupazioni, ed ha agito saggiamente e con coraggio. Però non è degno di minor considerazione il dato finale: hanno gustato il vino migliore. E questa è la buona notizia: il vino migliore è quello che sta per essere bevuto, la realtà più amabile, profonda e bella per la famiglia deve ancora arrivare. Viene il tempo in cui gustiamo l’amore quotidiano, in cui i nostri figli riscoprono lo spazio che condividiamo e gli anziani sono presenti nella letizia di ogni giorno. Il vino migliore sta per venire per ogni persona che ha il coraggio di amare. E viene anche se tutte le possibili variabili e le statistiche dicessero il contrario. Il vino migliore sta per venire per quelli che oggi vedono crollare tutto. Sussurratevelo fino a crederci: il vino migliore sta per arrivare, e sussurratelo ai disperati e a quelli con poco amore. Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino, di quelli che hanno da bere solo lo scoraggiamento; Gesù ha una preferenza per versare il migliore dei vini a quelli che per una ragione o per l’altra ormai sentono di avere rotto tutte le anfore. Come ci invita a fare Maria, facciamo ‘quello che Egli ci dirà’ (cfr Gv 2,5) e siamo grati perché in questo nostro tempo e in questa nostra ora, il vino nuovo, il migliore, ci fa recuperare la gioia di essere famiglia”.