La vita del cristiano si può riassumere in tre atteggiamenti: stare “in piedi” per accogliere Dio, in paziente “silenzio” per ascoltarne la voce, “in uscita” per annunciarlo agli altri. Lo ha spiegato Papa Francesco all’omelia della Messa del mattino celebrata in Casa S. Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Puoi essere un peccatore pentito che ha deciso di ricominciare con Dio o anche un prescelto che a Lui ha consacrato la vita, in ogni caso ti può assalire la “paura” di non farcela, puoi entrare in uno stato di “depressione” quando la fede si annebbia.
In piedi e in cammino
Per approfondire questo aspetto e indicare come uscire dal tunnel, il Papa evoca per un istante la situazione del figliol prodigo, depresso mentre guarda affamato i porci, ma soprattutto si concentra sul personaggio della liturgia del giorno, il profeta Elia. Costui, ricorda Francesco, è “un vincitore” che “ha lottato tanto per la fede”, ha sconfitto centinaia di idolatri sul Monte Carmelo. Poi, all’ennesima persecuzione che lo prende a bersaglio, si abbatte. Si accascia scoraggiato sotto un albero aspettando di morire sennonché Dio non lo lascia in quello stato di prostrazione, ma gli invia un angelo con un imperativo: alzati, mangia, esci:
“Per incontrare Dio è necessario tornare alla situazione in cui l’uomo era al momento della creazione: in piedi e in cammino. Così ci ha creato Dio: alla sua altezza, a sua immagine e somiglianza e in cammino. ‘Vai, vai avanti! Coltiva la terra, falla crescere; e moltiplicatevi…’. ‘Esci!’. Esci e vai al Monte e fermati sul Monte alla mia presenza. Elia si mise in piede. Messo in piedi, esce”.
Il filo di un silenzio sonoro
Uscire, quindi mettersi in ascolto di Dio. Ma “come passa il Signore? Come posso incontrare il Signore per essere sicuro che sia Lui?”, si chiede Francesco. Il brano del Libro dei Re è eloquente. Elia viene invitato dall’angelo a uscire dalla caverna sul Monte Oreb dove ha trovato riparo per stare alla “presenza” di Dio. Tuttavia, a indurlo a uscire non sono né il vento “impetuoso e gagliardo” che spacca le rocce, né il terremoto che segue e nemmeno il successivo fuoco:
“Tanto chiasso, tanta maestà, tanto movimento e il Signore non era lì. ‘E dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera’ o, come è proprio nell’originale, ‘il filo di un silenzio sonoro’. E lì era il Signore. Per incontrare il Signore, bisogna entrare in noi stessi e sentire quel ‘filo di un silenzio sonoro’ e Lui ci parla lì”.
L’ora della missione
La terza richiesta dell’angelo a Elia è: “Esci”. Il profeta è invitato a tornare sui suoi passi, verso il deserto, perché gli viene affidato un incarico da compiere. In ciò, sottolinea Francesco, si coglie lo sprone “a essere in cammino, non chiusi, non dentro il nostro egoismo della nostra comodità”, ma “coraggiosi” nel “portare agli altri il messaggio del Signore”, cioè andare in “missione”:
“Dobbiamo sempre cercare il Signore. Tutti noi sappiamo come sono i momenti brutti: momenti che ci tirano giù, momenti senza fede, oscuri, momenti in cui non vediamo l’orizzonte, non siamo capaci di alzarci. Tutti sappiamo questo! Ma è il Signore che viene, ci ristora col pane e con la sua forza e ci dice: ‘Alzati e vai avanti! Cammina!’. Per incontrare il Signore dobbiamo essere così: in piedi e in cammino. Poi aspettare che Lui ci parli: cuore aperto. E Lui ci dirà: ‘Sono Io’ e lì la fede diviene forte. La fede è per me, per custodirla? No! E’ per andare a darla ad altri, per ungere gli altri, per la missione”.
fonte: radiovaticana