“Collaboratori di Dio” a immagine del Buon Pastore. È l’invito che Papa Francesco ha rivolto ai vertici della Curia Romana nella Messa giubilare presieduta nella Basilica vaticana, nel giorno della festa liturgica della Cattedra di San Pietro. “Nei nostri ambienti di lavoro”, ha detto il Papa, “nessuno si senta trascurato o maltrattato”, ma faccia l’esperienza della misericordia. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Talari e mozzette, cravatte e cappotti. Le une accanto agli altri in processione sotto la Porta Santa, poi ancora vicine durante la Messa in Basilica. Sono le “divise” di chi presta servizio nella Curia Romana e in tutti i dicasteri e istituzioni collegate alla Santa Sede. Divise di sacerdoti e di laici, diverse nella foggia ma unite dalla “stoffa” dell’unica domanda che investe, spiega Papa Francesco, chi è al servizio del Papa e della Chiesa. La domanda di Gesù ai suoi più intimi: “Voi chi dite che io sia?”.
Cuore nuovo
Il Papa è partito da qui, da un quesito che, afferma subito all’omelia, è chiaro e diretto e di fronte al quale “non è possibile sfuggire o rimanere neutrali, né rimandare la risposta o delegarla a qualcun altro”. Una domanda che non però ha “nulla di inquisitorio, anzi, è piena di amore”, e bussa al cuore per chiedere disponibilità:
“Lasciamo che la grazia plasmi di nuovo il nostro cuore per credere, e apra la nostra bocca per compiere la professione di fede e ottenere la salvezza. Facciamo nostre, dunque, le parole di Pietro: ‘Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente’”.
Chiesa salda su Cristo
Gesù, ripete il Papa, “è il fondamento e nessuno ne può porre uno diverso. Lui è la ‘pietra’ su cui dobbiamo costruire”, la roccia grazie alla quale, osservò S. Agostino, la Chiesa regge “pur agitata e scossa per le vicende della storia”:
“Non crolla, perché è fondata sulla pietra, da cui Pietro deriva il suo nome. Non è la pietra che trae il suo nome da Pietro, ma è Pietro che lo trae dalla pietra; così come non è il nome Cristo che deriva da cristiano, ma il nome cristiano che deriva da Cristo”.
Non trascurare nessuno
Da questa professione di fede, prosegue Francesco, “deriva per ciascuno di noi il compito di corrispondere alla chiamata di Dio”. Qui il Papa si rivolge in particolare a cardinali e vescovi, ai pastori, perché siano profondamente ciò questo vocabolo evoca secondo il Vangelo, cioè pronti con la pecora smarrita, quella ferita, quella malata:
“Fa bene anche a noi, chiamati ad essere Pastori nella Chiesa, lasciare che il volto di Dio Buon Pastore ci illumini, ci purifichi, ci trasformi e ci restituisca pienamente rinnovati alla nostra missione. Che anche nei nostri ambienti di lavoro possiamo sentire, coltivare e praticare un forte senso pastorale, anzitutto verso le persone che incontriamo tutti i giorni. Che nessuno si senta trascurato o maltrattato, ma ognuno possa sperimentare, prima di tutto qui, la cura premurosa del Buon Pastore”.
Fedeltà e misericordia
Imitandolo, conclude Francesco, “siamo chiamati ad essere i collaboratori di Dio” nell’“impresa fondamentale e unica” di testimoniare la vita della grazia:
“Lasciamo che il Signore ci liberi da ogni tentazione che allontana dall’essenziale della nostra missione, e riscopriamo la bellezza di professare la fede nel Signore Gesù. La fedeltà al ministero bene si coniuga con la misericordia di cui vogliamo fare esperienza. Nella Sacra Scrittura, d’altronde, fedeltà e misericordia sono un binomio inseparabile. Dove c’è l’una, là si trova anche l’altra, e proprio nella loro reciprocità e complementarietà si può vedere la presenza stessa del Buon Pastore”.
fonte: radiovaticana
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